In questi giorni di discussioni feroci, in cui tutto è discusso e discutibile, il motore del Movimento Cinque Stelle non è cambiato. Nonostante le apparenze possano far sembrare il contrario, a dettare la linea sono Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, i due volti storici del partito, i leader naturali emersi fin da subito in quella galassia pentastellata che si radunava nelle piazze di tutta Italia prima di entrare in Parlamento. Si cercano, si sentono. Concordano una linea comune. Come l’intransigenza sulla riforma del Mes, un punto da non discutere per non fare l’ennesimo regalo a Salvini, schizzato sempre più in alto nei sondaggi.
I capisaldi della nuova strategia nata sull’asse Di Maio-Di Battista sono pochi ma forti, decisi per riconquistare gli elettori rabbiosi che oggi hanno rivolto verso la Lega quel voto di protesta che in passato aveva gonfiato i risultati elettorali dei Cinque Stelle. La revoca della concessione per le autostrade al gruppo Benetton, tema sul quale anche Conte pare ormai essersi allineato. L’Iva. E quel Mes, il tanto discusso “Fondo salva-Stati”, che si è trasformato in un dogma: guai a modificarlo senza valutare i rischi potenziali per l’Italia, è il ritornello.
Di fondo, però, c’è un Movimento che in mano ai suoi leader più giovani sembra volersi riallineare all’asse sovranista, spostandosi a destra e allontanandosi dalle posizioni molto più moderate del premier Conte (e ovviamente del Pd). Grillo nei giorni scorsi aveva annunciato la sua vicinanza a Di Maio, una sorta di commissariamento che però non sembra aver trovato poi attuazione pratica. Col risultato di un pericoloso slittamento verso l’emisfero salviniano.Bebe Vio diventa una Barbie: “Alle bambine dico di sorridere sempre”