Si chiamano Sergio Ferri e Marco Salami i due fotografi piacentini che hanno contestato Matteo Salvini in Polonia al grido di “buffone”. Il leader della Lega è stato umiliato pubblicamente dal sindaco della città di Przemyls. E ora la sua carriera politica potrebbe essere arrivata al capolinea. Ferri racconta i concitati momenti della contestazione polacca subita dal leader leghista.

“Assolutamente no. – Ferri nega che la loro contestazione fosse preparata – Eravamo lì il giorno prima per portare aiuti e trasportare in Italia alcune persone che stanno scappando dalla guerra. E il giorno dopo, visto che non parliamo russo o ucraino, eravamo in piazza perché stavamo cercando qualcuno che potesse aiutarci a tradurre. In quel momento ci siamo accorti della piazza transennata e ci siamo avvicinati per capire cosa stesse avvenendo. Abbiamo chiesto alle altre troupe e ci hanno detto che Salvini sarebbe arrivato a breve. Per cui non ce lo volevamo perdere. E infatti è arrivato verso l’orario in cui vanno in onda i telegiornali, verso l’una”.

Ferri dice di non essere stato al corrente della contestazione che avrebbe messo in scena il sindaco, “anche perché parlava in polacco e noi non conosciamo quella lingua. In più non me ne sono accorto subito, perché ero impallato da una giornalista spagnola. Quando ho visto la maglietta pensavo avesse dei simboli di solidarietà. Però mi è venuto spontaneo dire: ‘Tira fuori quella di Putin’. Solo dopo qualche secondo, quando ho visto Salvini rabbuiarsi e balbettare qualche parola in inglese, ho notato che sulla maglia c’era effettivamente l’immagine di Putin”.