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Il reddito di cittadinanza ai boss di Cosa Nostra: l’assurda scoperta a Palermo

Il reddito di cittadinanza ai boss mafiosi, senza che nessuno avesse mai denunciato quanto stava accadendo. Succede anche di questo, in Italia. Una serie di casi agghiaccianti emersi dopo un’operazione antimafia eseguita dalla Squadra mobile di Palermo e coordinata dalla locale Procura, che ha portato al fermo di nove persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, autoriciclaggio, danneggiamento fraudolento di beni assicurati e altro.

Le indagini hanno colpito il mandamento di Brancaccio e fatto emergere un nuovo, inquietante business che sta arricchendo le casse di Cosa nostra: le lucrose truffe assicurative messe a segno con l’impiego dei cosiddetti “spaccaossa”. Si tratta di persone senza scrupoli che reclutano disperati pronti a tutto pur di ottenere delle somme, anche minime, in denaro. Uomini spesso ai margini della società, estremamente bisognosi, che vengono spinti a farsi fratturare le ossa per poi incassare degli ingenti risarcimenti. Nello specifico, alle vittime vanno poche centinaia di euro, mentre gli uomini di Cosa Nostra si arricchiscono grazie a dei rimborsi che in alcuni casi toccano anche i 100 mila euro. Ma non c’è solo questo inquietante aspetto ad aver fatto finire la vicenda sulle pagine di tutti i giornali.Stando a quanto emerso dalle indagini, infatti, oltre ai soldi che arrivavano dal traffico di stupefacenti e dalle truffe, cinque degli indagati usufruivano anche del reddito di cittadinanza. Secondo gli investigatori, infatti, le mogli di Stefano Marino e Nicolò Giustiniani avrebbero percepito il sostegno. Denaro che sarebbe arrivato mensilmente anche nei nuclei familiari di altri tre fermati: Ignazio Ficarotta, Pietro Di Paola e Angelo Mangano.

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