Le acquisizioni di attività italiane da parte delle multinazionali straniere (come nel caso della crisi di Pernigotti), è una presenza che è cresciuta del 4,3% sull’anno precedente. Lo rivela un rapporto dell’Istat intitolato “Struttura e competitività delle imprese multinazionali in Italia” nell’anno 2016, che fotografa il quadro delle attività e il crescente peso dei marchi esteri in Italia, mentre nel contempo diminuisce quello delle multinazionali italiane all’estero. Nel periodo in esame nel rapporto le multinazionali estere, sono state attive nel nostro Paese con 14.616 a controllo estero (+4,3% rispetto il 2015) per oltre 1,3 milioni di addetti (+4,5%) con un fatturato di oltre 539 miliardi di euro (+1,8% sul 2015). Nello stesso anno la presenza italiana all’estero si concretizza in 22.907 controllate con un calo sul 2015, sia degli addetti (-4,7%) sia del fatturato (-6,4%) realizzato all’estero.Al netto delle attività finanziarie e assicurative, le multinazionali estere hanno un fatturato di oltre 539 miliardi di euro (+1,8% rispetto al 2015) e un valore aggiunto di oltre 113 miliardi di euro (+8,7%); realizzano inoltre più di 13 miliardi di investimenti (+8,3%) e spendono in ricerca e sviluppo quasi 3,6 miliardi. Secondo il rapporto dell’istituto statistico, questo risultato è “ampiamente positivo per le attività delle multinazionali estere in Italia è dovuto in parte ad importanti acquisizioni dall’estero di gruppi multinazionali italiani, che si ripercuote in termini di riduzione sulle attività realizzate all’estero dalle multinazionali italiane”. In flessione quindi, la presenza italiana all’estero, che si concretizza in 22.907 controllate (per 1,7 milioni di addetti), ma l’acquisizione dall’estero di importanti gruppi multinazionali prima a controllo nazionale contribuisce al forte calo di addetti (-4,7%) e fatturato (-6,4%) realizzato fuori dai confini nazionali. La riduzione è particolarmente evidente nell’industria, e i settori manifatturieri maggiormente interessati sono la fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (+20,8% rispetto al 2015) e la fabbricazione di prodotti chimici (+9,6%). Nei servizi, gli incrementi maggiori si registrano nel commercio (+8,9%), nei servizi di informazione e comunicazione (+10,1%) e nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (+19,1%).
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