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L’Italia è in ritardo: speso solo un terzo dei fondi per potenziare la sanità

Letti, tamponi, vaccini, file chilometriche, terapie intensive mai realizzate, ritardi clamorosi. Per l’emergenza data dalla seconda ondata di coronavirus l’Italia risulta essere impreparata. Anche perché a spiccare è un dato fondamentale: è stato speso solo un terzo dei fondi stanziati dal governo. La “colpa” va distribuita tra il supercommissario Arcuri e le Regioni stesse. E, ovviamente, anche alla solita, troppa burocrazia. Da inizio pandemia è stata realizzata solo la metà delle terapie intensive previste. E i posti letto per le malattie infettive sono quasi tutti al Nord. Al momento il nostro Paese non ha posti letto a sufficienza ed è caos anche su somministrazione e prezzi dei tamponi. E poi ci sono ritardi e incertezze anche sui vaccini antinfluenzali.

Insomma, il quadro è preoccupante. Numeri alla mano, “dei circa 3,4 miliardi di euro messi a disposizione dal governo dall’inizio della pandemia, solo poco più di un terzo è stato speso – certifica oggi La Stampa – per l’acquisto di mascherine, camici ed attrezzature. Per il solo potenziamento delle strutture sanitarie, il governo con il decreto Rilancio aveva stanziato 1,9 miliardi. Solo ora, a cinque mesi di distanza, le Regioni hanno iniziato a presentare piani per spendere 734 milioni di euro”.

Resta indietro dunque, l’Italia, sul fronte del potenziamento delle strutture sanitarie. Come dimostrano i dati del rapporto di Arcuri consegnato al governo il 9 ottobre, “attualmente i posti in terapia intensiva sono 6.458”, ossia la metà di quelli che punta a raggiungere il ministero della Salute. Ma è caos anche sul fronte tamponi. In Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Basilicata, Campania e Trentino i tamponi molecolari possono essere effettuati da pubblico e privato. In altre solo il pubblico è autorizzato. In questi mesi, scrive La Stampa, Arcuri ha distribuito 10 milioni e 514 mila tamponi, ne sono disponibili altri 2,7 milioni, da distribuire nelle prossime settimane.

Ma pure qui c’è un altro problema: i prezzi, infatti, variano in Italia: per chi risulta positivo al sierologico, sono forniti gratis, con esenzione dal ticket. Nei casi in cui a prescriverlo è il medico la Regione paga negli ospedali circa 70 euro per i tamponi e solo 5 per i test sierologici. Niente tamponi, invece, nei laboratori privati nel Lazio, dove la fila ai Drive In di Zingaretti per fare il test può arrivare fino a 14 ore.

E infine ci sono i ritardi e il caos anche sui vaccini antinfluenzali. Il ministero della Salute avrebbe ordinato 17 milioni di dosi, 1130 per cento in più dell’anno scorso ma ancora, in alcune regioni, non è possibile prenotare la prestazione, soprattutto al Sud. E le dosi, fa notare la fondazione Gimbe, potrebbero comunque non bastare. La disponibilità in Italia è di 17.866.550 dosi, ma non tutte le regioni offrono una copertura adeguata.

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