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La confessione di Renzi: “Dopo la sconfitta al referendum avrei dovuto lasciare l’Italia”

Col senno di poi, Matteo Renzi ha riconosciuto che dopo la sconfitta al referendum costituzionale avrebbe dovuto andarsene: “Dal punto di vista personale ho fatto malissimo a rimanere in politica, avevo già la valigia pronta per gli Stati Uniti”. Così il leader di Italia Viva ha risposto a una domanda arrivata nel corso del programma “Belve”, in onda su RaiDue, nel corso del quale è stato affrontato il tema di quel voto, nel 2016, che segnò la fine della leadership nel centrosinistra dell’ex sindaco di Firenze.

Tanti i temi affrontati nel corso del programma, tra i quali anche l’avvicendamento al governo con Enrico Letta, nel 2014: “Non avevo nessun tipo di rivalsa verso Letta. Ho pensato che stesse facendo una figuraccia, ho pensato che di fronte alle Istituzioni non si scherza. Lì, in quel momento, Enrico sta facendo una cosa che non si fa. Sta puntando a dire: guardate, sono la vittima, anziché rispettare le Istituzioni. Credo che abbia fatto un errore lui”.

La confessione di Renzi: "Dopo la sconfitta al referendum avrei dovuto lasciare l'Italia"

Renzi ha anche parlato del momento di difficoltà affrontato dopo il naufragio del referendum e di come, nel giro di pochissimi giorni, in molti gli abbiano poi voltato le spalle: “Mi ha fatto effetto vedere le stesse persone che ti lusingavano, per non dire altre parole, che il giorno dopo ti ignorano. Nomi? No, anche perché farei un elenco che parte ora e finisce domani”.

“Le dico un nome che mi costa fatica e mi dispiace molto, legato a quando abbiamo messo Draghi al posto di Conte -ha concluso il leader di Iv- Mi ha molto colpito come Graziano Delrio ha fatto un appello ai nostri, agli ex, dicendo ‘lasciate Matteo venite con noi’. Quella è stata una cosa che da Graziano non mi aspettavo. Gliel’ho detto in faccia, gli ho detto che umanamente la ferita ha lasciato una cicatrice grande. Perché me lo aspettavo da tanti, da lui no. Non pensavo che Graziano potesse diventare un membro del Politburo in quel modo”.

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