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L’Aquila si è fermata al terremoto: 10 anni dopo, una città ancora bloccata

L’Aquila è ancora un cantiere, dieci anni dopo il sisma che ha distrutto il centro storico. Metà della zone è ancora un quartiere con le frazioni, a partire da Onna, aspettano la fine del lungo percorso della ricostruzione. Nonostante il decennio alle spalle, circa 9.000 cittadini dell’Aquila vivono nei palazzi delle new town, i quartieri costruiti a tempo di record dopo il terremoto, che dovevano essere liberati una volta completata la ricostruzione.

Un paese che non è riuscito a ripartire, simbolo di una burocrazia che purtroppo non ha funzionato, finendo per ostacolare il processo di rinascita invece che di favorirlo. Uno scenario che non solo fa male a chi ha ancora negli occhi le terribili immagini del terremoto. Ma non è per niente di buon auspicio nei confronti di chi si è trovato a vivere negli anni seguenti situazioni analoghe, da Amatrice ad Arquata.Guido Bertolaso, allora capo della Protezione civile, scuote la testa: “Serviranno almeno altri cinque anni, come minimo. Io nel 2009 lo dissi: vedrete, per ricostruire L’Aquila, sarà necessario aspettare almeno un decennio. Mi presero per matto, ma i risultati li vediamo oggi. Si è avuta troppa fretta di uscire dalle gestione commissariale, gli enti locali volevano controllare la fase di ricostruzione. E tutto si è arenato. Un rischio analogo si vede anche nei paesi danneggiati dai terremoti del 2016 e del 2017: temo che alcuni centri storici non saranno mai ricostruiti”.
Il motivo di un simile ritardo? Come spiega il Messaggero, in parte c’entra il desiderio, anche legittimo, della classe dirigente locale di gestire la ricostruzione, in parte anche l’ordine di grandezza della distruzione con cui si aveva a che fare. Tra inchieste giudiziarie, intercettazioni, veleni, accuse per una guida da monarca assoluto, la gestione commissariale di Bertolaso termina il 29 gennaio 2010, gli amministratori locali vogliono contare e si punta anche a fare lavorare le imprese del posto.

Tutto giusto in teoria, ma la rete di regole, per quanto necessarie, diventa una zavorra quando si tratta di ricostruire un centro storico in cui vivevano 7.500 residenti e 9.000 studenti; e l’obiettivo di ricostruire il centro esattamente com’era prima del sisma del 6 aprile 2009 appare giusto e comprensibile, ma forse inutilmente ambizioso, perché vi erano alcuni edifici pubblici degli anni Sessanta e Settanta che si poteva ripensare.

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