E se la Banca Centrale Europea finisse nella trama di una serie tv? Se l’effetto Truman Show stavolta andasse oltre il metateatro, riportando al centro di una fortunata fiction non in lingua inglese un tema oggigiorno sempre più caro all’opinione pubblica? La serie, nella fattispecie, è la seguitissima “Casa di carta”: nel penultimo episodio andato in onda su Netflix, “il Professore”, uno dei personaggi principali, critica in un monologo la BCE, accusandola di aver creato appositamente la crisi che da un decennio attanaglia l’economia mondiale, al fine di arricchire ancora di più le banche e una ristretta élite dell’alta finanza. Come? Stampando moneta. Più o meno come il gruppo di banditi protagonisti della serie, guidati, appunto, dal Professore, che tentano di rapinare la zecca nazionale spagnola di Madrid, stampando e impadronendosi di banconote pari a 2,4 miliardi di euro. Un bel bottino, ma niente in confronto alla ricchezza che dal 2011 a oggi la BCE avrebbe sottratto a molti concentrandola nelle mani di pochi.
Un vero e proprio attacco al cuore della finanza europea. Tanto che sono in molti ad aver già eletto il Professore come nuovo simbolo del populismo anticapitalista contemporaneo, novello Robin Hood che ruba ai “ricchi” (le banche e l’alta finanza) per dare ai “poveri” (immettendo i proventi del maltolto nell’economia reale che porti benefici a tutti e non concentri la ricchezza nelle mani di pochi). In sintesi, la filosofia spicciola della “Casa di Carta” sarebbe riassumibile così: rubare è reato sempre, ma la BCE con le “iniezioni di liquidità” ha messo in ginocchio, impunita, intere economie di popoli e nazioni a vantaggio di una ristretta élite finanziaria, mentre il Professore e i suoi rubano, rischiando il carcere, anche per redistribuire benessere. Lettura semplicistica, forse, ma che nasconde fondamenti di verità.
È vero, in primo luogo, che tra il 2011 e il 2013 la Banca Centrale Europea ha immesso un maggior numero di banconote nel sistema di circolo del denaro dell’Eurozona. Ma il Professore ne ingigantisce la quantità. È altrettanto vero che la BCE, istituto di credito privato i cui azionisti sono le banche centrali degli Stati UE, è l’unica istituzione che abbia diritto di stampare moneta, e che abbia utilizzato tale facoltà con una certa disinvoltura specie in merito ai parametri fissati dai singoli Paesi. In breve, la BCE crea dal nulla euro, e presta la moneta a tassi “agevolati” alle banche europee, le quali acquistano con tale denaro titoli di Stato con cui i vari governi pagano gli interessi del debito pubblico. Poco resta per investimenti e la crescita. Ecco perché il Professore accusa la BCE di favorire solo banche e alta finanza, perché questo meccanismo innescherebbe circoli viziosi di impoverimento di molti a vantaggio di pochi.
In realtà il funzionamento della BCE è un bel po’ più complesso e rende un’immagine meno “matrigna” dell’istituto. In primo luogo per il ruolo che ha per il contenimento dell’inflazione nei limiti del 2% e quindi del controllo dei prezzi. Ma anche per la vigilanza sull’esatto contrario, cioè la deflazione che ha come immediata conseguenza la stagnazione. La BCE, inoltre, rappresenta anche una garanzia per le banche stesse: dal 2011 ha avviato aste per la concessione di prestiti triennali agli istituti richiedenti, con bassi tassi d’interesse. Di fatto, poi, la BCE dal 2015, secondo un preciso piano di intervento, acquista il debito pubblico degli Stati (compresa l’Italia) con l’obiettivo di far transitare il credito erogato dagli istituti di credito all’economia reale. Tale piano di intervento, che da gennaio 2015 a dicembre 2018 ha acquistato obbligazioni per, guarda il caso!, 2,4 miliardi di euro, dovrebbe terminare alla fine dell’anno in corso. Secondo alcuni studi, infine, risulterebbe che in linea generale, le politiche della Bce avrebbero ridotto la disuguaglianza di reddito, soprattutto grazie alla riduzione dei tassi di disoccupazione delle famiglie più povere. Insomma, non è detto che sia tutta ferraglia ciò che non luccica, anche se per al cittadino comune i risultati di queste operazioni risultano meno chiari del monologo del Professore della “Casa di carta”.