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Conte fa infuriare Renzi: “Prendi soldi dai Benetton”

Giuseppe Conte fa letteralmente infuriare Matteo Renzi, Ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo nella serata di lunedì 8 novembre, il leader del M5S attacca frontalmente quello di Italia Viva. Conte non perdona a Renzi il fatto di prendere soldi da uno Stato estero come l’Arabia Saudita mentre ricopre il ruolo di senatore italiano. Dito puntato del pentastellato anche sul pagamento ricevuto dalla famiglia Benetton. Accuse alle quali l’ex segretario Pd replica duramente parlando di “illazioni squallide”.

Giuseppe Conte e Matteo Renzi

“Renzi? Mi colpisce molto che un senatore prenda soldi da enti pubblici di uno stato estero. Ma lo risolveremo con una legge sul conflitto di interesse. – così Conte attacca il suo avversario dalla Gruber – Mi ha colpito poi che un pagamento arrivi da parte di uno dei Benetton proprio mentre noi ci battevamo contro la concessione di autostrade. Mi chiedo con che stato d’animo Italia Viva possa aver approcciato alla cosa”.

Accuse che, come appena accennato, fanno perdere la pazienza a Renzi. “L’ex premier Giuseppe Conte attacca con violenza me e Italia Viva sulla revoca delle Autostrade. – scrive in un post il fondatore di IV – Egli sostiene che per la mia attività di speaker con alcuni fondi di investimento, tra cui 21 Invest, non avrei giudicato in serenità l’operato del governo. L’illazione è squallida e dimostra come ormai Conte sia un uomo dominato dal rancore”.

“Le sue frasi sono false come sarebbe facile dimostrare se solo accettasse un confronto tv. – attacca ancora Renzi – Cosa che ha paura di fare. Dice che non si confronta con me perché io non ho consenso e poi mi attacca senza contraddittorio. Se solo non fosse ridicolo, farebbe tenerezza. Voglio che resti agli atti la verità. La revoca delle concessioni autostradali è figlia di una cultura populista e demagogica che ha portato il contribuente italiano a regalare circa 8 miliardi alla società dei Benetton. I Benetton non hanno pagato: hanno incassato, grazie a Conte e al suo populismo”, conclude.

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