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Omicidio Willy, Gabriele Bianchi: “Non l’ho toccato nemmeno con un dito”

Prosegue il processo contro i presunti assassini di Willy Monteiro Duarte, il ragazzo massacrato di botte a Colleferro nel settembre del 2020 da un gruppo di balordi della zona. Ovviamente di colpevoli ufficiali per il momento non ce ne sono, almeno fino alla conclusione del procedimento giudiziario che si sta tenendo davanti alla Corte d’Assise di Frosinone. Ed è proprio dall’aula giudiziaria del capoluogo ciociaro che uno dei presunti killer di Willy, Gabriele Bianchi, rilascia delle dichiarazioni che stanno già facendo discutere.

Gabriele Bianchi

“Willy non l’ho toccato nemmeno con un dito. – questo il contenuto esplosivo della dichiarazione spontanea rilasciata da Gabriele Bianchi in tribunale – Io non sarei stato in grado, nemmeno se lo avessi voluto, di fare quello di cui mi si accusa. Willy merita giustizia come la merita la sua famiglia. Vorrei poter tornare a quella maledetta notte e cambiare tutto. Io sogno ancora di tornare dalla mia famiglia e crescere mio figlio”.

Nei giorni scorsi, durante un’udienza del processo contro i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, il pubblico ministero Francesco Brando ha dichiarato che “quella ai danni di Willy è stata un’aggressione becera messa in atto da quattro individui in danno di un ragazzino. Noi pensiamo che questo sia un omicidio doloso, volontario e non preterintenzionale. L’oggetto del processo è un fatto tanto brutto quanto semplice. Una aggressione becera e selvaggia posta in essere da quattro persone ai danni di un ragazzo di 21 anni”.

Il magistrato definiva i fratelli Bianchi dei soggetti “al centro in passato di vicissitudini processuali. Conosciuti come pericolosi e che praticano Mma, il più violento tra gli sport di contatto che richiede una certa accortezza da chi lo pratica e conosce le conseguenze dei colpi. La prestanza fisica, la preparazione atletica acquisita vengono utilizzate come arma per imporsi e prevaricare sugli altri soggetti, coi quali entravano in contatto per annientare il contendente e metterlo in una condizione di impossibilità di reagire, senza pensare alle conseguente dei colpi e indifferenti alla minorata difesa della vittima”.

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