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Fondi sospetti della Lega: spuntano pagamenti a Morisi e allo staff di Salvini

L’inchiesta sui fondi sospetti della Lega rivela ogni giorno nuovi dettagli. Adesso gli occhi dei magistrati puntano a quelle che risultano essere le prime avvisaglie che non tutto tornava nei rapporti finanziari tra la Lega e i commercialisti coinvolti nell’affare della Lombardia Film Commission. Già un anno fa, infatti, i funzionari dell’Uif (Unità di Informazione Finanziaria) di Bankitalia segnalarono ai magistrati di Milano alcune irregolarità. Tra queste a spiccare sono dei pagamenti a favore di Luca Sostegni, presunto prestanome del commercialista Michele Scillieri, uno dei tre arrestati il 10 settembre nell’ambito dell’inchiesta.

Come riporta Open, “troviamo inoltre anche il caso già emerso della società Valdolive, attiva nel settore pubblicitario, precedentemente di proprietà di Vanessa Servalli, barista e cognata di Alberto Di Rubba, altro membro del “trio” di commercialisti accusati di peculato, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, insieme ad Andrea Manzoni e, appunto, a Scillieri. Servalli avrebbe ricevuto bonifici dalla Lega Nord, dalla Partecipazioni S.r.l. e dallo Studio Dea Consulting S.r.l, e tali fondi sarebbero poi stati utilizzati per effettuare pagamenti a favore di alcuni membri dello staff di Matteo Salvini, tra cui figura anche lo spin doctor del leader, Luca Morisi”.

Come si legge nell’informativa trasmessa lo scorso aprile dalla Guardia di Finanza ai magistrati di Milano, a insospettire i funzionari erano state innanzitutto delle “operatività non coerente rilevata tra diverse società, coinvolte nei più disparati settori economici” spesso con lo stesso indirizzo e, oltre a questo, delle “operazioni di accredito, spesso connotate da importo tondo e da periodicità non in linea con gli usi di mercato, (…) seguite da operazioni in segno contrario in favore di professionisti e società sempre riconducibili al (…) partito politico”.

Soldi che si muovevano tra società che non avevano alcun legame apparente tra loro e che non rispondevano a una chiara logica di mercato. Proprio come le transazioni su cui aveva taciuto Marco Gilardi, ex direttore della filiale Ubi di Seriate, licenziato perché non segnalò le operazioni sospette di Di Rubba e Manzoni per l’acquisto del Capannone di Cormano. L’ipotesi che si era fatta strada tra i magistrati, come ha scritto Repubblica, è che oltre a Ghilardi ci sarebbero potuti essere altri direttori bancari in Emilia-Romagna e Veneto che avrebbero incassato fondi della Lega per conto dei commercialisti.

 

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