Sono circa quaranta i morti nel bombardamento di un centro di detenzione per migranti alla periferia di Tripoli, in Libia. Malek Merset, portavoce del ministero della salute del governo sostenuto dalle Nazioni Unite, dice che l’attacco aereo sul centro di detenzione di Tajoura ha ferito anche 80 migranti. Merset ha postato foto di migranti che venivano portati in ambulanza negli ospedali.
In un comunicato, il governo sostenuto dalle Nazioni Unite ha accusato l’esercito nazionale libico, guidato da Khalifa Haftar, di essere responsabile dell’attacco aereo. Nei giorni scorsi Haftar che aveva preannunciato “decisivi raid aerei su postazioni selezionate” appartenenti all’esercito del presidente Fayez al-Serraj.
È stato preso di mira il centro di detenzione a Tajoura, nella periferia orientale della capitale libica. Appena due giorni fa Serraj era volato in Italia per incontrare a Milano il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Serraj aveva chiesto un incontro “riservato” per fare maggiori pressioni sul governo italiano a favore della causa del Governo di Accordo Nazionale che lui stesso guida dal 2016 e che da 2 mesi è sotto attacco militare da parte della milizia del generale Khalifa Haftar.
Già il 12 aprile di quest’anno la situazione su quell’area libica era caldissima. L’aviazione di Haftar aveva effettuato alcuni raid sulle zone controllate dal governo di Serraj, prendendo di mira fra l’altro un’accademia militare a Tajoura, nella periferia di Tripoli, e una caserma forse inutilizzata nella zona di Zwara, non lontana dagli impianti petroliferi di Melitah, gestiti dalla Libyan Oil Company e dall’Eni.
Sul terreno la situazione resta caldissima: secondo fonti della compagnia, le attività estrattive vanno avanti regolarmente. Nella capitale, centinaia di manifestanti hanno sfilato nella piazza dei Martiri, gridando la loro rabbia contro il “traditore” Haftar, e anche contro la Francia.
Intanto la situazione umanitaria si aggrava: secondo il portavoce delle Nazioni Unite, Rheal Leblanc, sono già oltre 8mila le persone sfollate dall’inizio degli scontri intorno a Tripoli, metà delle quali negli ultimi due giorni.
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