Sulla carta, l’Italia è un Paese che non ama impegnarsi militarmente. Non partecipa, al contrario ad esempio dei cugini francesi, alle missioni di combattimento. Impiega soltanto l’1,5% del proprio Pil per la difesa, una cifra inferiore alla media di quella degli altri Stati che hanno aderito alla Nato. Eppure, sotto questa apparenza, c’è una realtà diversa e decisamente di segno opposto: quella che vede lo Stivale distribuire oltre 7 mila soldati nelle aree di crisi e di conflitto.
La zona sulla quale l’Italia ha spostato da tempo le sue mire è oggi l’Africa. Un passaggio inesorabile, quello che ha visto il Bel Paese allontanarsi sempre di più dal Medio Oriente per concentrasi altrove. In Libia, soprattutto, uno Stato diventato cruciale per la nostra strategia attuale, sostenendo il governo di unità nazionale di al Serraj, appoggiato militarmente dalle forze turche e del Qatar.
A operare in Libia non sono però solitamente soldati normali ma forze speciali. Un impiego secretato, il loro, che rende impossibile conoscere con esattezza il numero degli uomini impiegati e le loro mansioni effettive. I militari di questi corpi sono gli unici a sapere effettivamente cosa succede in prima linea e il loro peso sta crescendo anno dopo anno.Conte pronto a tutto per l’Ilva: “Sì allo scudo penale per ArcelorMittal”