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Cercare lavoro e sperare di non trovarlo: dati choc sugli italiani. Benedetto reddito di cittadinanza…

“Cerca lavoro e prega Dio di non trovarlo”: è un vecchio detto popolare rivolto a chi fa finta di essere disperato per non avere un lavoro ma poi nell’effettivo spera di non trovarlo, così da poter continuare a dedicarsi ai porci comodi e al vittimismo. Diciamo che è un tratto di molti connazionali, e ce lo portiamo dietro da quando in tempi passati fu coniato questo detto popolare. Su questa fetta di popolazione fa gioco il reddito di cittadinanza. Ma la verità è un’altra e i numeri parlano chiaro: molte aziende in Italia cercano lavoratori e nessuno accetta gli incarichi. A caccia di giovani ricchi di competenze, che però si fatica a trovare.

Questo è il vero problema, in Italia, per le aziende dedite all’export, secondo l’ultima ricerca condotta dall’Osservatorio di Confartigianato Lombardia sulle micro e piccole imprese (mpi) di Milano e Monza-Brianza. Qualche numero per vederci chiaro. Il 58 per cento degli imprenditori che commercia con l’estero nel 2017 ha visto aumentare il proprio fatturato rispetto all’anno prima.

Tre su dieci registrano una crescita del cinque per cento o anche superiore. Di contro, solo il 46 per cento di chi non esporta ha registrato il segno più. Importanti le relazioni con altre realtà, la tendenza all’innovazione (presente nell’88 per cento delle mpi che esportano contro il 69 di quelle che non lo fanno) e la digitalizzazione (95 rispetto al 79 per cento). Dall’estero si richiedono soprattutto macchinari, prodotti chimici, metallurgici e in metallo.

Questi ultimi in particolare sono il frutto del lavoro delle micro e piccole imprese, forti anche nella produzione di articoli d’abbigliamento, in pelle, alimentari e ovviamente mobili. Design e moda, insomma. Per mantenere le relazioni con altri Stati e per stare al passo con la domanda, artigiani e imprenditori hanno bisogno di personale specializzato. E qui sta il problema. Il 72,5 per cento delle aziende esportatrici prevede di assumere nuove figure, contro il 57 per cento delle non esportatrici. Ma in un caso su quattro delle assunzioni si fatica a trovare il candidato ideale.

Per il 37 per cento dei posti disponibili le mpi sono più propense a reclutare giovani, rispetto a chi non commercia fuori dai confini nazionali (34 per cento). In otto casi su dieci gli imprenditori ritengono che i lavoratori disponibili sul mercato necessitino di ulteriore formazione. Alle reclute si chiedono flessibilità, capacità di adattamento, competenze digitali e comunicative.

“Le imprese esportatrici rappresentano un segmento dinamico del sistema produttivo – spiega Giovanni Barzaghi, presidente di Apa Confartigianato Milano e Monza Brianza -, ma ci segnalano difficoltà nel trovare figure qualificate. La formazione è quindi il fattore decisivo per aumentare l’ export”. Da qui il progetto “Open Export”, in corso in questi mesi, per portare esperti a “fare lezione” direttamente nelle aziende.

 

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