Si era partiti con l’annuncio in pompa magna di una flat tax Irpef al 15 per cento per 30 milioni di contribuenti. E invece, oggi, i numeri parlano di una pressione fiscale in crescita, decisa. Calcolata e annunciata dall’Upb, l’Ufficio studi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, durante una movimentata seduta in Commissione Bilancio della Camera riunita per un passaggio formale della Finanziaria: nel 2019, dopo cinque anni di costante contrazione, aumenterà di quasi mezzo punto, dal 42 per cento di quest’anno al 42,4 del prossimo.
Occhi puntati soprattutto sul trattamento alle imprese: in tre anni, scrive Repubblica numeri alla mano, subiranno un peso aggiuntivo di 2,4 miliardi, già dal prossimo anno pagheranno 1,8 miliardi in più. È vero che ci sono misure come il raddoppio della deducibilità dell’Imu sui capannoni, il forfait del 15 per cento sugli utili reinvestiti e il taglio dei contributi Inail sulla busta paga, ma queste misure non compensano la cancellazione per 2 miliardi dell’Iri, la vagheggiata flat tax al 24 per cento delle società e dell’Ace, misura per favorire il rafforzamento patrimoniale già utilizzata da oltre un milione di imprese.
A salvarsi sono invece i piccoli imprenditori individuali: un insieme di 500 mila professionisti, artigiani e commercianti che beneficeranno della mini-flat tax: Irpef al 15 per cento se hanno ricavi inferiori a 65 mila euro. Colpite anche l’industria dell’auto (ecotassa), quella dei giochi (aumento del prelievo di 2 miliardi in tre anni), le web company (1,3 miliardi in tre anni), quella bancario-assicurativa (5,5 miliardi in tre anni).Anno nuovo, nuovi aumenti: prepariamoci a una stangata che riguarda tutti