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Taglio alle pensioni d’oro? In manovra non c’è traccia. Slitta accordo Di Maio-Salvini

Manovra in stallo alla Camera. I lavori in commissione Bilancio, fermi da venerdì 30 novembre perché gli emendamenti del governo e dei relatori attesi per sabato sera sono stati depositati con 12 ore di ritardo (54 i ritocchi presentati), sono ripresi poco prima delle otto di sera di domenica 2 dicembre. Diventa quindi più probabile un ulteriore rinvio dell’approdo in Aula del testo al momento fissato, dopo molti slittamenti, a mercoledì 5 dicembre. Fra le proposte di modifica presentate da governo e relatori non c’è nemmeno il taglio delle pensioni cosiddette “d’oro” (potrebbe essere introdotto con un emendamento al Senato) e neppure il pacchetto per la famiglia.

Non è però escluso che la partita delle pensioni più elevate si possa riaprire a Montecitorio e potrebbe essere oggetto di confronto nel prossimo vertice di maggioranza sulla manovra. L’incontro potrebbe tenersi in serata, o anche slittare a domani, 3 dicembre. La conferma che questo potrebbe essere lo scenario è giunta in serata da fonti di Palazzo Chigi. L’emendamento in manovra per il taglio delle pensioni d’oro, hanno chiarito, “ci sarà”.

Interpellate al riguardo, le stesse fonti hanno precisato che si sta valutando se inserire la norma già nel passaggio alla Camera della manovra. In caso contrario, la misura – è l’indicazione fornita – arriverà “sicuramente” nel passaggio al Senato. Intanto in Commissione Bilancio alla Camera viene inserita la prima tessera del complesso mosaico del nuovo reddito di cittadinanza, caro al Movimento 5 Stelle. Con uno degli emendamenti alla manovra dei relatori Raphael Raduzzi (M5S) e Silvana Comaroli (Lega) le Regioni vengono autorizzate ad operare fino a 4mila assunzioni da destinare ai Centri per l’impiego.

Costo dell’operazione quantificato in 120 milioni di euro per il 2019 e 160 milioni di euro l’anno dal 2020. Resta da capire se, per effetto della complessa trattativa con Bruxelles per evitare la procedura d’infrazione sui conti pubblici, questo Fondo, al quale attualmente sono stati destinati 9 miliardi di euro l’anno (comprensivi degli oltre 2 miliardi di euro già in bilancio per il Rei, il Reddito d’inclusione), sarà ridimensionato nel corso dell’esame in Parlamento del disegno di legge di Bilancio.

Alla luce del ritardo accumulato, la commissione si accinge a far scattare dunque una sorta di “no stop” per evitare che l’approdo in Aula del testo slitti al fine settimana. Ma il percorso è tutto in salita. Anche perché oltre ai 54 emendamenti del Governo e dei relatori, su cui si concentreranno i conseguenti sub-emendamenti, la “Bilancio” dovrà esaminare e poi votare anche i correttivi dei gruppi parlamentari non ancora respinti o bocciati che facevano parte del nutrito elenco delle oltre 500 proposte di modifica “segnalate”.

Intanto anche Salvini “batte cassa”: un emendamento dei relatori prevede quindici milioni dal 2019 al ministero dell’Interno per “assicurare il funzionamento delle strutture centrali e periferiche e la continuità nell’erogazione dei servizi”. Le risorse arrivano dal fondo per l’attuazione del programma di governo.

 

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