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Medici di famiglia, cambia tutto: ecco come funzionerà il nuovo sistema. “Svolta epocale”

Ricordate quando si parlava di una trasformazione radicale nella medicina di base? Per mesi l’ipotesi è rimasta sospesa tra annunci e dibattiti, mentre i cittadini continuavano a fare i conti con ambulatori affollati, orari ridotti e l’attesa di vedere realizzate le promesse di un servizio più vicino e accessibile. Oggi il tema torna con forza, perché il 2025 è diventato l’anno delle scelte definitive per il futuro dei medici di famiglia.

Al centro c’è la grande domanda: resteranno liberi professionisti, come da decenni, o saranno integrati pienamente nel Servizio Sanitario Nazionale? Sul tavolo ci sono proposte, accordi regionali e sperimentazioni, mentre nelle città si moltiplicano le nuove strutture del territorio previste dal PNRR, le Case della Comunità, pensate per garantire servizi sanitari e specialistici dalle 8 del mattino alle 8 di sera.

Cosa prevede oggi la riforma (e cosa no)

La cosiddetta “svolta epocale” riguarda l’idea di assumere i nuovi medici come dipendenti del SSN, superando progressivamente il vecchio rapporto di convenzione. Non è ancora legge, ma è oggetto di confronto tra Ministero e Regioni. L’ACN continua a regolare i medici come convenzionati, mentre si lavora al progetto di un ruolo unico che rafforzi la collaborazione con la rete territoriale. In altre parole, nessun automatismo sulla dipendenza, ma una spinta sempre più forte a lavorare in équipe e dentro strutture pubbliche.

E gli orari? La famosa soglia delle 38 ore settimanali non è stata imposta per decreto, ma viene “sperimentata” da alcune Regioni con turnazioni negli ambulatori e nelle Case della Comunità. Qui si punta a offrire ai cittadini visite, vaccinazioni, elettrocardiogrammi, spirometrie e persino ecografie di base, con maggiore copertura oraria e assistenza continuativa.

Case della comunità, dove siamo davvero

Il percorso, però, non è omogeneo. Il PNRR ha ridimensionato i numeri iniziali: meno Case della Comunità rispetto a quanto promesso, cantieri ancora aperti e collaudi che procedono a rilento. La Corte dei conti e la fondazione GIMBE hanno già segnalato che senza un’accelerazione concreta, i servizi rischiano di restare sulla carta. Dove gli hub sono già operativi, però, i cittadini iniziano a vedere la differenza: sportelli attivi, specialisti a rotazione e percorsi integrati con ospedali e servizi sociali.

Sul piano politico e contrattuale, la partita è ancora aperta. Il medico di famiglia resta oggi un convenzionato, ma il pressing per portarli dentro il SSN come dipendenti continua. Si tratta di una scelta che richiede coperture economiche e una revisione complessiva dell’ACN. Nell’attesa, il compromesso è chiaro: più attività condivise di distretto, orari più estesi e collaborazione tra professionisti, con il cittadino libero di scegliere il proprio medico.

La risposta alla domanda iniziale, dunque, è che il cambiamento è in corso, ma non ancora compiuto. I medici di famiglia non sono diventati dipendenti del SSN, ma lavorano sempre più come se lo fossero: dentro strutture pubbliche, con orari estesi e in équipe multiprofessionali. La vera svolta epocale dipenderà dalle prossime decisioni politiche. Intanto, per chi entra in una Casa della Comunità, il futuro della sanità di prossimità ha già cominciato a prendere forma.

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