Una vita cambiata drasticamente nel giro di un mese, quando da medico è diventato paziente Covid. E’ la storia di Francesco Tursi, dottore responsabile al servizio di Pneumologia dell’ospedale di Codogno che comincia in un momento particolare della sua vita, divisa tra l’ospedale e l’impegno da presidente di Alor (Associazione lodigiana ossigenoterapia riabilitativa) e dell’Accademia di ecografia toracica. Impegni che lo avrebbero portato alla consueta gita al mare con i suoi pazienti nei primi giorni di marzo. Impegni interrotti. Da un malore che si presenta nella notte di domenica 1 marzo, una settimana dopo il lavoro serrato che Tursi presta all’ospedale di Lodi dove, nella settimana seguente alla guardia di Codogno, aveva seguito i pazienti del reparto Covid. “Comincio a sentire un forte dolore toracico- ha raccontato il medico- e nei giorni successivi compare la febbre. Anche se sono un medico – anche io ho voluto rifiutare il pensiero che fosse lui, il Covid-19. Ma stavo sempre peggio: il dolore al torace era comparso, nei giorni seguenti, da entrambi i lati. Era il momento di andare in ospedale, lo avevo capito. La diagnosi non lasciò dubbi: polmonite bilaterale interstiziale. Mi fecero il tampone anche se era chiaro che il Covid-19 aveva colpito anche me”. Tursi infatti, risultato positivo al tampone, fù subito ricoverato al Sacco di Milano. La severità della polmonite non è stata tale da richiedere terapia sub-intensiva, ma come tutti i pazienti, anche Francesco ha temuto il peggio per la sua vita.
Dopo sei giorni al Sacco di Milano, Tursi ha terminato la convalescenza a casa. A fargli compagnia, i suoi tre cani e la compagna che ogni giorno si infila in casa in completa sicurezza e gli lascia un piatto caldo cucinato. Una convalescenza lunga, una stanchezza cronica che pervade anche i più semplici movimenti, come alzarsi dal letto o fare una rampa di scale. Ma, giorno dopo giorno, la situazione migliora e Francesco riesce anche a fare counseling per i suoi pazienti al telefono. Quando la sintomatologia scompare, anche il tampone insieme al test sierologico risultano negativi. Il suo primo ritorno alla normalità è stato tornare al lavoro.
“In quei giorni al Sacco – ha proseguito Francesco- ho pensato che non ero “pronto” per morire. Con la mia compagna aspettiamo un bambino che nascerà ad agosto. Pregai Dio in quei giorni che mi lasciasse diventare papà. E da questa esperienza ho imparato una cosa: l’amore che dai, ritorna. Ho sentito il grande affetto dei miei pazienti, della gente e delle persone care. Per la prima volta ho capito che ho fatto la scelta giusta a fare il medico. La mia vita si è formattata e ho capito l’essenziale. E provo una profonda e forte gratitudine per essere qui a poterlo raccontare”.Ti potrebbe interessare anche: “Sua madre sta bene”. Dimessa, a 87 anni risulta positiva al Covid ed è ora gravissima