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Merkel e Macron salutano l’Italia: Manifesto per il rilancio industriale UE senza di noi

Merkel e Macron (e con loro Francia e Germania) ci salutano. I due Paesi scrivono un “Manifesto” per rilanciare la politica industriale dell’Europa. Ma l’Italia, il secondo paese manifatturiero europeo, non c’è. I due protagonisti di una possibile svolta economica concordano progetti d’investimento comune sull’innovazione, sull’Intelligenza Artificiale, sullo sviluppo di grandi imprese europee per fronteggiare la concorrenza che arriva, sempre più pesante, dagli Usa e dalla Cina.

Ma in Italia il governo gialloverde si occupa di sussidi senza dare lavoro, di pensioni anticipate, di ostacoli alle infrastrutture, di guerra alle imprese e alla scienza. Di guerra ai partner eruopei. Di stralciare contratti con gli altri Stati già in essere. Vedi Tav, ad esempio…

Parigi e Berlino, dunque, fanno un altro passo insieme, alla faccia di Di Maio e Salvini che diventa la faccia nostra e quindi una perdita inestimabile per l’Italia intera e per le prossime generazioni. Merkel e Macron pongono a tutti gli altri paesi, a cominciare dall’Italia, una sfida di grande peso: o crescere secondo obiettivi comuni, oppure ritrovarsi in seconda fila o peggio ancora ai margini di un’Europa “a due velocità” il cui motore sta lungo l’asse franco-tedesco. E l’Italia? Nel Governo Conte si litiga molto, si chiacchiera, si promette. E nulla si fa, mentre il Paese subisce, unico in Europa, un’oramai lunga recessione dopo tanti anni di crescita e dati positivi.

E dopo una reputazione internazionale finalmente riacquistata. Le tensioni politiche che travagliano parecchi paesi Ue e fanno emergere i rischi legati a populismi, sovranismi e nazionalismi protezionistici dicono che, proprio alla vigilia delle elezioni di maggio per il nuovo Parlamento Europeo è necessario che i paesi e i governi che ancora credono nell’indispensabilità dell’Europa devono dare chiari e attivi segnali politici per cercare di fermare decrescita, crisi politica e rischi di declino.

“Fuori dall’Europa o dall’euro non c’è più sovranità”, ha detto venerdì scorso Mario Draghi, presidente della Bce. Altro che sovranismi alla polacca, alla ungherese o, purtroppo, all’italiana. Le scelte di Parigi e Berlino vanno in questa direzione. Dopo il rinnovo del “Patto di Aquisgrana” nel gennaio scorso e l’avvio dell’elaborazione di una politica comune per il Bilancio dell’Eurozona, proprio il Manifesto per la politica industriale indica concretamente strategie e misure per fare crescere dei “campioni europei”. Come?

Investire di più sull’innovazione e lo sviluppo delle tecnologie di punta dell’AI (Artificial Intellicence, appunto), la robotica e i processi digitali di applicazione alla sanità, ai trasporti, all’ambiente e all’energia. L’auto elettrica è uno dei settori comuni di crescita. Così come l’aeronautica, con i nuovi Airbus ricchi di innovative dotazioni hi tech. Ma anche tutto ciò che riguarda Industry 4.0 che in Italia aveva lanciato Renzi e che l’attuale governo, ostile all’industria, alla ricerca scientifica e all’innovazione, ha purtroppo messo ai margini dell’attenzione, ostacolando la crescita economica.

Il secondo tema cardine del “Manifesto” riguarda una riforma dell’Antitrust Ue. Scottati dal “no” di Bruxelles all’intesa Alstom-Siemens sui treni ad alta velocità, Parigi e Berlino vogliono modificare le regole per la concorrenza, pensando a come proteggere meglio i nuovi “campioni europei” dalle sfide che vengono da Usa e Cina, impegnatissima a fare shopping di imprese europee hi tech.

Il terzo tema cardine riguarda l’impegno dei singoli paesi a monitorare i propri asset industriali strategici per evitare che ogni cessione di competenze, brevetti, know how in singoli paesi metta in crisi l’intera industria europea. Tema complesso, naturalmente, perché indice sulle libertà di mercato e d’impresa. E l’Italia? In tutte queste discussioni è assente. E ci lasceremo schiacciare, mentre pensiamo a un’emergenza immigrazione che non esiste e a dare sussidi per riacciuffare qualche punto nei sondaggi. La politica, però, è altra cosa. Merkel e Macron lo sanno, Salvini e Di Maio no.

 

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