Frédéric Baldan, ex lobbista accreditato presso le istituzioni della Commissione Europea, è al centro di una nuova controversia legata al cosiddetto “Pfizergate”. Baldan è infatti l’uomo che ha denunciato la presidente Ursula von der Leyen per presunti illeciti nella gestione dei contratti di fornitura dei vaccini anti-Covid. Al centro della vicenda vi sarebbero gli scambi di messaggi tra von der Leyen e Albert Bourla, amministratore delegato della Pfizer, che – secondo quanto riportato da Baldan e da alcune testate – non sarebbero mai stati consegnati alle autorità competenti né resi pubblici, nonostante le richieste di trasparenza avanzate da vari organi europei.

Nei giorni scorsi, Baldan ha reso noto di essersi visto chiudere i conti correnti personali e aziendali da parte di due istituti belgi, ING Belgium e Nagelmackers Bank. Anche un conto risparmio intestato al figlio di cinque anni sarebbe stato disattivato. Le comunicazioni ufficiali delle banche, riportate dal sito L’Indipendente, non fornirebbero alcuna motivazione precisa. Baldan parla apertamente di “debanking politico”, sostenendo che l’esclusione dai servizi finanziari sia una forma di ritorsione per la sua denuncia nei confronti della presidente della Commissione Europea.
Secondo la sua versione, la coincidenza temporale delle chiusure e la mancanza di spiegazioni ufficiali indicherebbero un coordinamento tra le banche o un intervento esterno. Baldan ipotizza persino che vi sia stata un’iniziativa dei servizi segreti belgi, su pressione delle istituzioni europee. Oltre ai conti correnti, spiega di aver perso anche il proprio badge di accesso come lobbista registrato presso l’UE e di non poter più esercitare la sua attività di consulente a Bruxelles. “Non posso più entrare negli edifici dell’Unione Europea né incontrare le persone con cui lavoravo ogni giorno”, ha dichiarato ai media.

Dal punto di vista istituzionale, il “Pfizergate” ha già avuto uno sviluppo rilevante: la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha infatti condannato la Commissione per aver rifiutato di pubblicare gli SMS tra von der Leyen e Bourla, stabilendo che tali messaggi rientrano tra i documenti ufficiali soggetti a trasparenza. Tuttavia, al momento non risultano accuse penali o procedimenti formali contro la presidente della Commissione. Il caso di Baldan, nel frattempo, sta diventando un simbolo della tensione tra libertà di espressione, potere economico e trasparenza politica in Europa.