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Migranti e rimpatri, ecco perché i “porti chiusi” di Salvini sono un totale flop

Salvini mostra ancora i muscoli a una maggioranza sempre più spaccata. Lo fa, stavolta, con un decreto che prevede l’attribuzione al Viminale dei poteri che, da sempre, spettano al ministero delle Infrastrutture: quelli sul mare. Due articoli che servono di fatto a depotenziare il ruolo di Danilo Toninelli, limitato secondo le nuove norme alla sola sicurezza della navigazione e protezione dell’ambiente marino, e accrescono quello del ministro dell’Interno, al quale competerebbe la possibilità di vietare anche il transito e la sosta di navi e mercantili.

Un provvedimento che è un modo per presentare il conto ai Cinque Stelle dopo essere stato costretto a digerire tre sbarchi nel giro di poche ore, in barba alla linea dei “porti chiusi”. La prima reazione era stata una lettera al premier Giuseppe Conte e al ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, per sollecitare “un salto di qualità” sui rimpatri. In sostanza, spiegava il Messaggero, per chiedere nuovi accordi bilaterali con i Paesi di origine degli stranieri che siano condizionati all’accettazione di una quota di migranti irregolarmente presenti in Italia.Un’iniziativa alla quale i pentastellati rispondevano: “Non faccia lo gnorri e si prenda le responsabilità invece di coprire i suoi fallimenti: i rimpatri sono di sua competenza”. Il secondo step, allora, è stato il decreto: via i poteri a Toninelli e multe tra i 3.550 e i 5mila euro per ogni migrante trasportato, qualora chi abbia effettuato il salvataggio non si sia attenuto alle istruzioni operative delle autorità competenti sul tratto di mare, ossia quelle libiche. Il testo prevede modifiche al codice di procedura penale in materia di immigrazione.La straordinaria necessità e urgenza, prevista dalla formula dei decreti, per Salvini consiste nel prevedere misure che contrastino “prassi elusive” delle norme che regolano l’individuazione dei porti sicuri e dell’approdo delle persone soccorse in mare. Il “contesto internazionale” e i rischi per l’ordine e la sicurezza pubblica sono il pretesto per spostare la competenza sul mare, attribuita dal codice della navigazione al ministero delle Infrastrutture, al Viminale, cioè a se stesso.

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