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Anche su Intesa Milano “pigliatutto”. I giochi sono (quasi) fatti

Se i segnali che arrivano dal mondo bancario si tramuteranno la primavera prossima in fatti, Gian Maria Gros-Pietro lascerà la presidenza di Intesa Sanpaolo a un lombardo, confermando così l’ennesima marginalizzazione del Piemonte. Il borsino del manager torinese che alla fine degli anni Novanta presiedette prima l’Iri (in liquidazione) poi l’Eni è dato in caduta libera: difficile trovare qualcuno, a partire dai piani alti della banca, disposto a scommettere su un suo secondo mandato. Molti, invece, coloro che indicano Milano come la città cui guardare per notare le manovre in fase piuttosto avanzata rispetto alla scadenza del prossimo aprile, ma anche perché è da lì che quasi certamente arriverà il nuovo presidente dell’istituto di credito.

Il grande vecchio della finanza bianca lombarda Giuseppe Guzzetti viene descritto come attento e interessato non solo alla sua successione al vertice di Fondazione Cariplo e della potente Acri (l’associazione tra le casse di risparmio e le fondazioni di origine bancaria), ma anche e non poco alla figura destinata a sostituire Gros-Pietro.

Anzi l’ottantaquattrenne banchiere starebbe lavorando proprio alla ricerca del futuro presidente della banca di cui Cariplo detiene il 3,18%. E chissà che non l’abbia già trovato o, comunque, condiviso la scelta che pare cadere ad oggi sul cinquantottenne bocconiano Paolo Andrea Colombo, lungo e prestigioso curriculum accademico e manageriale e attuale vice di Gros-Pietro. Milanese, docente di Economia Aziendale alla Bocconi, Colombo è stato consigliere di amministrazione di varie società tra cui Pirelli Pneumatici, Rcs Quotidiani e Rcs Libri, Telecom Italia, Credit Suisse Italy, Ansaldo STS, Montedison ed Eni (di cui diviene consigliere di amministrazione su indicazione dell’allora ministro Giulio Tremonti, pur essendo stato fino ad allora presidente del collegio sindacale voluto da un altro ministro, Domenico Siniscalco).

Di lui è stato scritto che è riuscito a conquistarsi la fama del super consulente, del professionista di pronto intervento capace di sbrogliare le matasse più complicate: l’uomo giusto cui affidare le chiavi delle holding che custodiscono affari e segreti di alcune grandi famiglie del capitalismo nostrano, tanto che a Milano, solo per fare qualche esempio, si affidano ai suoi consigli i Moratti, i Cabassi, i Versace e i Rocca. Il suo nome compare nella partita giocata tra finanza e politica, ma sempre in terra lombarda.

Giancarlo Giorgetti, il più governativo dei leghisti, sta monitorando tutto con estrema attenzione le manovre per la successione di Gros-Pietro. A favore di una permanenza di Gros-Pietro e, dunque, di una radice ancora in terra piemontese della banca, non gioca di certo il probabile ostracismo di una delle due forze di governo, quei Cinquestelle che non hanno mancato l’occasione di attaccarlo per la sua presenza nel board di Atlantia, la holding dei Benetton che controlla Autostrade per l’Italia nel mirino dei grillini. Lo scenario è dunque definito: ulteriore svolta lombarda della banca, con Torino e il Piemonte sempre più periferici.