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Pd, ecco l’era Zingaretti. Il primo ad attaccarlo? Ovvio: Matteo Salvini

Nicola Zingaretti stravince le primarie, si prende il PD e incassa il primo attacco di Matteo Salvini. Sarà uno schema al quale dovremo già abituarci. Perché con questa tornata di elezioni interne il Partito Democratico ha fatto capire di essere vivo e vegeto e che la vera opposizione inizia ora, con il nuovo segretario. Salvini è stato uno dei primi a twittare non appena si è saputo che il vincitore era Zingaretti. “Buon lavoro al nuovo segretario e complimenti per l’organizzazione anche se il dato di oggi è il minimo storico di partecipazione”.

E ancora: “Rispetto ogni singolo voto espresso ma non posso non vedere che negli ultimi 10 anni la partecipazione al voto alle primarie del Pd si è quasi dimezzata. Dagli oltre 3 milioni del 2009 sono passati nel 2013 (Renzi segretario) a 2.814.000 e nel 2017 a poco più di un milione e 800 mila”. Lo dichiara il ministro dell’Interno.

Il comitato di Zingaretti difende il successo dell’affluenza: “L’affluenza è oltre un milione e 800mila, meglio del 2017”. Cioè meglio delle ultime primarie vinte da Renzi. E si trattava di un’altra fase storica. Più prudente Gianni Dal Moro, presidente della commissione Congresso: “Su dati reali, si può dire che è stata superata la soglia di 1,7 milioni di votanti”. Dal Moro ha affermato che “l’affluenza è stata omogenea in tutto il territorio nazionale, senza sacche di difficoltà e con un leggero picco al centro-sud, in particolare nel Lazio e in Campania”.

Le prime parole del neo segretario sono state: “Viva la democrazia italiana. Si è riaccesa la speranza. Grazie all’Italia che non si piega a un governo pericoloso”, ha detto parlando nel suo comitato vicino al Circo Massimo. E subito ha ringraziato gli altri due candidati: “Abbiamo dato una buona immagine di confronto nella battaglia politica in questo Paese ferito”.

Zingaretti ha poi dedicato la vittoria a Greta, la ragazza svedese che si batte per la salvezza del pianeta. A quelli che il 15 marzo scenderanno in piazza per la stessa causa. Ai 5 milioni di poveri e ai troppi “giovani disoccupati che il potere ignora”. Ma soprattutto ha tracciato l’identikit del nuovo Pd: “Non sono il capo, ma il leader di una comunità. Molti elettori che hanno votato per altre forze politiche stanno tornando. Da domani unità e cambiamento”.

Poi ha scherzato, riferendosi a Matteo Renzi e al suo ultimo libro, Un’altra strada: “Mi ha fregato il titolo”. Ma il successo, sul piano della partecipazione, è stato di tutto il Pd. Lunghe code di elettori per tutto il giorno e anche in chiusura. Un milione era il traguardo fissato dai candidati negli ultimi giorni di campagna elettorale. Ed è stato ampiamente superato.

 

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