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“Non è suo”. Garlasco, spunta il nuovo testimone che invalida l’alibi. Cosa succede adesso

La vicenda legata all’omicidio di Chiara Poggi continua ad arricchirsi di nuovi capitoli. A distanza di anni dalla tragedia di Garlasco, un nuovo testimone avrebbe rimesso in discussione uno degli elementi chiave del recente filone d’indagine: lo scontrino del parcheggio di Vigevano, utilizzato come alibi da Andrea Sempio. L’uomo, amico storico di Marco Poggi, era stato tirato in ballo nell’ultima inchiesta sulla morte della giovane, ma ora emergono dichiarazioni che potrebbero cambiare ancora una volta il quadro.

Nel corso di questi diciotto anni, molte persone hanno offerto versioni differenti dei fatti, alcune poi ritrattate, altre mai verificate fino in fondo. Si ricordano testimonianze di operai che dissero di aver visto figure aggirarsi nei pressi della villetta con oggetti sospetti in mano, o di presunti testimoni che affermavano di aver udito grida e litigi provenire dalla casa di Chiara. C’è stato persino chi, come un pompiere vicino alla famiglia Sempio, ha contribuito a mantenere vivo il dibattito sul famoso scontrino del parcheggio.

Secondo quanto trapelato, una persona si sarebbe presentata alla caserma di via Moscova a Milano dichiarando che il biglietto del posteggio datato 13 agosto 2007, quello mostrato da Sempio un anno dopo il delitto, non apparteneva in realtà a lui. Una rivelazione che ha riacceso l’attenzione dei carabinieri del nucleo investigativo e dei pm di Pavia, responsabili della nuova indagine. L’avvocato di Sempio, Liborio Cataliotti, ha commentato la questione spiegando: «Quandanche fosse un alibi, è un mero indizio e non una prova. Quindi che valore probatorio vogliamo dare a tutto questo bailamme? Nella migliore delle ipotesi, dal punto di vista dell’accusa, pochissimo».

Cataliotti, che difende Sempio insieme alla collega Angela Taccia, ha nominato la genetista Marina Baldi, che lavorerà con l’esperto Armando Palmegiani per esaminare ogni dettaglio tecnico della vicenda. Lo stesso legale ha voluto precisare il metodo seguito dal team di difesa: «L’esperienza mi insegna che talvolta, quando trasudano mediaticamente notizie riservate, questa sia una scelta processuale di chi dispone dell’atto segreto per misurare le reazioni che qui non ci sono». Ha poi aggiunto che lui e la collega hanno scelto un atteggiamento prudente: «Commentare gli atti se e quando li vedremo in quanto atti processuali, con la firma dell’investigatore e del pm che ha raccolto la deposizione». Il legale ha concluso sottolineando che quel verbale «non lo voglio mettere in discussione ma neanche commentare perché non è in nostro possesso».

In attesa che i documenti ufficiali vengano depositati secondo le procedure previste, la difesa si prepara a esaminare le prossime mosse. Cataliotti ha infine chiarito la posizione sul possibile trasferimento dell’inchiesta a Brescia, ipotesi legata alla connessione con il procedimento sull’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti: «Da parte nostra non c’è alcuna volontà di trovare un escamotage per sottrarci al giudice naturale, non è nella logica delle cose. A meno che non ci sia un motivo giuridico fondato, e ad oggi non si va in questa direzione, allora sarebbe doveroso».

La sensazione è che la storia di Garlasco, nonostante gli anni trascorsi e una condanna definitiva per Alberto Stasi, continui a muoversi tra dubbi, nuovi testimoni e piste che riemergono quando meno ci si aspetta.

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