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Oms, chi finanzia e chi comanda: cosa si muove dietro la sanità globale

Chi finanzia l’Oms, qual è il rapporto tra Stati e privati? E soprattutto: le mancanze che ci sono state da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nella gestione della pandemia di Covid-19 sono state per qualche motivo “volute”? Mentre sull’Oms piombano le accuse da parte degli Stati Uniti (che dicono che l’Organizzazione abbia fatto gli interessi della Cina), in rete si apre un ventaglio enorme di dubbi da chiarire: a partire dalla figura del direttore Tedros fino ad arrivare a quella ingombrante di Bill Gates. L’organizzazione è stata istituita dall’Onu nel 1948 con funzione di vigilanza sanitaria mondiale e ad oggi risulta finanziata da 194 Paesi con contributi fissi, in base al Pil, e da contributi volontari. Come spiega Milena Gabbanelli nella sua Dataroom del Corriere della Sera, “questi ultimi, che rappresentano la parte più consistente, provengono anche da una moltitudine di soggetti privati: parliamo di 4,6 miliardi di dollari su un budget complessivo di 5,6”.
Tra gli Stati, il primo contribuente sono gli Usa (893 milioni di dollari), mentre la Cina si trova al 14esimo posto con 85,8 milioni. Si legge sul Corriere: “Al secondo posto troviamo Bill e Melinda Gates con oltre 600 milioni, al terzo il Regno Unito con quasi 400, al quarto Gavi Alliance (sempre di Bill Gates…) con 370, poi il Rotary Club, il National Philantropic Trust”. Di fatto l’Oms gestisce il 20% del suo budget, “perché il resto sono progetti specifici decisi dai privati, e non tutti trasparenti. Un’organizzazione quindi indebolita dalla mancanza di soldi, e di personale con grande esperienza, liquidato per assumere giovani a contratto. Chi comanda e decide è il direttore generale, che da statuto ‘non deve domandare né ricevere istruzioni da nessun governo od autorità straniera’”.
(Fonte Corriere)
Tedros Adhanom Ghebreyesus, ex ministro della sanità e degli esteri dell’Etiopia, alla guida dell’Oms, è ora accusato da quasi tutti i Paesi e organi di stampa di essere venuto meno al suo dovere primario: la tempestività nell’informare il mondo sulla pandemia in arrivo. Spiega il Corriere: “Il primo ricovero all’ospedale di Wuhan di un malato di Covid-19 è dell’8 dicembre 2019, ma i funzionari cinesi riferiscono agli uffici Oms di Pechino dell’esistenza di casi atipici di polmonite il 31 dicembre (già con Sars la Cina aveva occultato i dati). L’Oms, da Ginevra, informa il mondo con un tweet il 4 gennaio, e solo il 30 gennaio, quando i contagi ufficiali sono già 7.836 e 18 i paesi coinvolti, il direttore generale dichiara ‘un’emergenza sanitaria internazionale’. Nella stessa conferenza stampa si sente in dovere di elogiare la Cina”.
(Fonte Corriere)
E dice, testuale: “La velocità con cui ha rilevato l’epidemia, isolato il virus, sequenziato il genoma e condiviso con l’Oms e il mondo è molto impressionante e oltre le parole”. In realtà il ritardo nella comunicazione della Cina stava andando di pari passo con la sottostima dei contagi e il ridimensionamento della portata dell’allarme. “Secondo Lancet, al 20 febbraio sarebbero stati 232 mila i contagiati in Cina, contro i 55.508 segnalati. Solo l’11 Marzo, quando il numero dei contagi si era allargato a 114 Paesi, l’Europa in ginocchio, e 4.291 persone che hanno perso la vita, arriva l’annuncio: “Abbiamo valutato che Covid-19 può essere definito come pandemia”. Buongiorno, Oms.
Ma quale interesse aveva Tedros a tentennare? E qual è la sua storia? Tedros è stato Ministro della sanità in Etiopia, ma sul suo mandato grava l’accusa, sempre respinta, “di aver insabbiato 3 epidemie di colera (2006, 2009, 2011), declassandole a diarrea”. Ma non è tutto, perché è proprio durante il suo mandato di ministro degli Esteri, dal 2012 al 2016, che si intensifica il suo legame con la Cina, dato gli investimenti cinesi in Etiopia accelerano. A fine mandato si candida alla guida dell’Oms, e l’attività di lobby cinese in suo sostegno dura due anni”. E uno dei primi atti di Tedros da Direttore Generale dell’Oms, riporta sempre il Corriere, è stato quello di nominare ambasciatore di buona volontà Mugabe, ex dittatore dello Zimbawe, alleato storico della Cina.
Altro dettaglio importante: oggi la Cina è il più grande partner commerciale dell’Etiopia. “Finanzia infrastrutture ferroviarie, di telecomunicazioni, autostrade, centrali idroelettriche. La precondizione è l’affido esclusivo di appalti ad aziende cinesi. Nel 2016 inaugura il gigantesco parco industriale di Hawassa, dove disloca la sua manifattura” e fa investimenti “per più di 1.000 progetti: industria, costruzioni, immobiliare. Ad oggi gli investimenti ammontano a 24,5 miliardi dollari (fonte Aei). La Cina è anche il primo fornitore di armi all’esercito etiope. E l’Etiopia è il suo hub per la strategia di lungo periodo nell’approvvigionamento delle materie prime che stanno nel resto del continente africano, perché è nella capitale Addis Abeba che si incontrano i governi”.
Lì c’è la sede dell’Unione Africana: un palazzo di 20 piani “donato” – guarda caso – dalla Cina nel 2012. Altra coincidenza? L’Etiopia r”è stato il primo paese africano ad opporsi alla proposta Onu di sanzioni alla Cina per la violazione dei diritti umani in Tibet”. Oms a parte, il Corriere ricorda anche che “oggi altre quattro importanti agenzie Onu sono a guida cinese: la Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale, l’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale, l’Unione internazionale per le telecomunicazioni, che definisce gli standard mondiali nell’uso delle onde radio”. E, pensate un po’, sul tavolo dell’Oms c’è anche un’altra questione assai delicata che riguarda sempre la Cina: la valutazione sulla sicurezza del 5G.
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È tutto? No. L’Oms sta anche valutando i rapporti con Impact, la task force che lotta contro la contraffazione dei farmaci (il 7% del totale), molto avversata dai Paesi asiatici. Perché? Perché “metà della contraffazione è cinese, e decine di medicinali a larghissima diffusione contengono impurità potenzialmente cancerogene”.   Ti potrebbe interessare anche: “Impiccate Silvia Romano, una tr**a”. Post choc di un consigliere veneto