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Draghi al Quirinale? Partito il totonomi sul suo successore

Chi sostituirà Mario Draghi a Palazzo Chigi se l’attuale presidente del Consiglio dovesse essere eletto al Quirinale? Se lo stanno chiedendo un po’ tutti gli addetti ai lavori in questi giorni. E qualcuno ha provato anche ad ipotizzare qualche nome papabile. Il premier intanto, durante la conferenza stampa di fine anno, ha lasciato intendere chiaramente di essere un uomo, anzi un “nonno”, al servizio delle istituzioni. Servizio che comprenderebbe, sembra, anche la nomina alla presidenza della Repubblica. Tra i suoi possibili successori spuntano i nomi di cinque ministri del suo governo

Mario Draghi

“Il mio destino personale non conta assolutamente niente. Non ho particolari aspirazioni di un tipo o di un altro, sono un uomo e un nonno al servizio delle istituzioni. Il governo vada avanti anche senza di me, con questa maggioranza”. Sono queste le frasi più significative pronunciate da Draghi durante la conferenza stampa del 22 dicembre. Tutti, o quasi, le hanno interpretate come una chiara ‘messa sul mercato’ del Quirinale della sua persona. Ma solo a patto che l’attuale maggioranza di governo vada avanti fino alla fine della legislatura.

Una duplice richiesta, quella formulata da Draghi. E allora, visto che la sua volontà sembra essere quella di trasferirsi al Quirinale, ecco partire il totonomi per Palazzo Chigi. Il nome più gettonato sembra essere quello del ministro dell’Economia Daniele Franco, considerato un suo fedelissimo. Meno probabile appare la nomina a premier di Vittorio Colao, attuale ministro dell’Innovazione tecnologica.

Più probabilità, almeno sulla carta, potrebbe avere il ministro della Giustizia Marta Cartabia. Si dice che il suo nome potrebbe mettere d’accordo tutti i partiti. Compresi il M5S e Fratelli d’Italia, visto che la Cartabia è stata ospite di Atreju. Più fantascientifica, invece, appare l’ipotesi di vedere premier il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta. Troppo divisivo. Sempre aperta, infine, l’ipotesi del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, l’esponente più draghiano della Lega.

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