Una triste fine, quella della Pernigotti, con l’epilogo arrivato il 5 febbraio quando al tavolo di crisi dichiarato dalla proprietà turca dello storico marchio dolciario, è arrivato il via libera per la cassa integrazione straordinaria dopo la cessazione dell’attività. Una doccia fredda per i 100 operai rimasti nello stabilimento di Novi Ligure. “È stata una grande delusione, non possiamo nascondercelo” racconta a Libero Tiziano Crocco, segretario generale territoriale della Uila Uil, che ha seguito la crisi passo per passo.
In corso ci sono trattative per la cessione dell’intera azienda, ma “di fatto non hanno riguardato il marchio. Per privarsene i turchi chiedono molti soldi. Tantissimi…”. Quello che si sta facendo, quindi, è lo “spezzatino”: “La proprietà ha nominato un advisor incaricato di trattare la vendita della divisione gelateria. Senza la gelateria e senza il marchio che rimane saldamente nel controllo della proprietà turca le prospettive sono negative. Ma non ci arrendiamo. I lavoratori non si rassegnano a vedere scomparire il loro lavoro e l’attività di un’azienda che ha 150 anni di storia”.
E la legge Pernigotti annunciata dal vicepremier nonché ministro del Lavoro Luigi Di Maio? “Non ce n’è traccia. Certo, non potendo essere retroattiva non avrebbe inciso comunque sull’acquisizione della società da parte dei Toksoz, ma avrebbe aiutato. In verità si sono perse le tracce anche del ministro. Al vertice del 5 febbraio non si è presentato e neppure dopo siamo più riusciti a contattarlo”. La cassa integrazione, almeno, è arrivata. Ma “non per gli interinali. Quelli erano a casa già da ottobre. E non prendono un centesimo di ammortizzatori”.Ufficiale, Pernigotti chiude: governo battuto. E Giggino che prometteva il salvataggio…