Sale di posizione rispetto allo scorso anno, ma l’Italia continua ancora ad annaspare di fronte alla capacità di attrarre talenti delle altre economie europee.
Si colloca infatti solo al 40esimo posto, su 118 paesi, nella graduatoria che emerge dal report 2017 Global Competitiveness Talent Index (Gtci), stilato ogni anno dal gigante delle risorse umane Adecco insieme alla business school francese Insead e allo Human capital leadership institute (Hcli) di Singapore.
Se il report rileva come fattori positivi per l’Italia formazione e una buona presenza di cluster industriali, a farla scivolare fino alle posizioni più basse della graduatoria sono il mercato del lavoro, la produttività, la tassazione, il dialogo tra governo e imprese (116esima pozione) e possibilità di carriera per le donne (117esima su 118).
I fattori valutati per la capacità di attrarre talenti
Sei i fattori con cui la ricerca cerca di fornire una valutazione sull’attrattività sui professionisti internazionali:
- enable
- attract
- grow
- retain
- vocational and technical skills
- global knowledge skills
In cima alla classifica redatta da Gtci troviamo in prima posizione la Svizzera, seguita da Singapore e Regno Unito. L’Italia, alla 40esima posizione, sconta risultati negativi nei due primi metri di giudizio: far fiorire e attrarre talenti.
Poca la capacità di convogliare “cervelli” esteri, come nel trasferimento tecnologico e soprattutto va male nelle opportunità di business per le donne (dove si posiziona in colloca in penultima posizione, prima della Bosnia-Herzegovina).
A pesare sono anche il peso fiscale, l’espulsione di talenti e competenze effettive dei manager. In questo ultimo indicatore ci collochiamo alla 103esimo posto: una posizione che per i report è lo specchio di una concentrazione di poteri nelle mani di dirigenti favoriti non tanto da qualifiche o riconoscimenti conquistati sul campo, quanto da legami privati.