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Ponte di Genova, tutto quello che c’è da sapere sul decreto fantasma…

Tra l’assenza di coperture che ha rallentato il viaggio e l’ennesima (stupida) polemica del M5S nei confronti dei tecnici, il decreto Genova è stato finalmente inviato al Quirinale per le valutazioni. Fonti del Mef – dopo aver smentito “categoricamente quanto riportato su un quotidiano online” circa un presunto blocco da parte della Ragioneria sul decreto legge sul ponte di Genova – precisano “che il provvedimento è giunto alla Ragioneria senza alcuna indicazione degli oneri e delle relative coperture” ma i tecnici della RGS “stanno lavorando attivamente per valutare le quantificazioni dei costi e individuare le possibili coperture da sottoporre alle amministrazioni proponenti”.

E “soltanto così – si ricorda – il decreto può essere bollinato e trasmesso al Quirinale per la promulgazione”. Quindi, “la Ragioneria Generale dello Stato – spiegano – non ha bloccato il decreto, ma lo sta sbloccando”. Una cosa del genere avrebbe portato qualsiasi governo ad alzare una mattonella per nascondercisi sotto. A stretto giro, in una nota, la Presidenza del Consiglio dei ministri fa sapere che, “quanto alle notizie diffuse sul decreto emergenze e sulle presunte carenze di coperture finanziarie che sarebbero all’origine di ritardo nella sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, si precisa che queste notizie non corrispondono al vero”. Seh, va be’…

La vicenda scoppia a metà pomeriggio, quando dall’ordinario processo di verifica affidato all’organo del MEF è emersa – oltre che l’assenza della relazione tecnica – la mancanza di copertura su molti articoli, dalla ricostruzione del ponte alle misure economiche per il rilancio di Genova. Doveva essere un testo dedicato alla ricostruzione di Ponte Morandi, si era trasformato nel solito vagone legislativo per ogni emergenza, dai problemi delle aree terremotate al rifinanziamento della Cassa integrazione straordinaria.

Non solo: il testo inviato dai ministeri era lacunoso, spesso accompagnato da puntini di sospensione. Il solo rifinanziamento della Cassa ai trentamila metalmeccanici che stanno per perdere il sussidio avrebbe costerebbe ben altre cifre. E in ogni caso dare copertura alle leggi a settembre è proibitivo: ormai la gran parte dei capitoli di spesa è impegnato. C’era e c’è poi il problema Autostrade: se il concessionario davvero restasse fuori dalla ricostruzione di ponte Morandi, è improbabile ci metta un euro, mentre è probabile che faccia ricorsi plurimi e – in assenza di condanne – chieda risarcimenti miliardari.

Ecco perché ormai nel mirino del vicepremier c’è anche l’amico Toninelli, reo di non aver gestito il problema e che gaffe dopo gaffe ha consumato la pazienza del leader. Dalle nomine della commissione su Genova ai consulenti chiacchierati. In serata si sblocca tutto: i tecnici e i sottosegretari dei ministeri di Sviluppo e Trasporti depurano il testo delle norme estranee a Genova e arriva il comunicato con cui Palazzo Chigi annuncia l’invio del provvedimento al Quirinale per la firma, ammettendo che le coperture riguardano solo quest’anno.

Resta la richiesta ad Autostrade per l’Italia di provvedere al finanziamento: ma le regole di finanza pubblica impongono coperture certe, e non appese ai rischi di contenziosi con la società che appaiono molto probabili. Per questa ragione il testo finale prevede lo scudo pubblico del Fondo Infrastrutture. La mossa di trasformare il futuro commissario straordinario in stazione appaltante in grado di dribblare l’obbligo di gara ha fatto emergere di dubbi di costituzionalità, che sarà il Colle a dover dirimere sulla base del testo definitivo. La cartina di tornasole della difficoltà del governo è l’assenza del nome del commissario dal decreto. Oltre che al totale pressapochissimo di una classe dirigente che sembra composta da dilettanti allo sbaraglio.

 

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