
Il nodo della regione orientale del Donbass continua a rappresentare una delle sfide più complesse per l’Ucraina nel suo confronto con la Russia. Il presidente Volodymyr Zelensky è sotto pressione da parte della comunità internazionale, minacciato da possibili procedimenti giudiziari e osteggiato dalla popolazione, facendo della cessione territoriale un’ipotesi non solo politicamente pericolosa, ma anche potenzialmente illegale secondo le leggi nazionali. Questa eventualità potrebbe scatenare una crisi istituzionale e di piazza di ampia portata.

Secondo il Codice penale ucraino, in particolare l’articolo 111, ogni azione che comprometta l’integrità territoriale dello Stato è punibile come alto tradimento, con pene detentive fino a quindici anni. Queste norme si applicano anche al presidente in carica, impedendo quindi qualsiasi forma di riconoscimento ufficiale dei territori sotto controllo russo.
Il contesto politico non agevola cambiamenti legislativi. La maggioranza parlamentare è instabile e il partito di governo, Servitore del Popolo, è alle prese con scandali e tensioni interne. Zelensky si trova così senza margini reali per intraprendere manovre che implichino concessioni territoriali, anche qualora volesse accelerare una soluzione diplomatica al conflitto.
Opposizione popolare e rischio di proteste di massa
Un recente sondaggio nazionale mostra che più della metà dei cittadini è pronta a scendere in piazza se dovessero emergere accordi percepiti come sfavorevoli alla sovranità del Paese. Il 76% degli intervistati si dichiara contrario a qualsiasi riconoscimento dei territori sotto il controllo di Mosca. Questo sentimento è condiviso anche dalle forze armate, che considerano inaccettabile una resa nel Donbass.
Di conseguenza, le tensioni sociali potrebbero degenerare in proteste di massa, aggravando una situazione già precaria e complicando ulteriormente ogni ipotesi di dialogo con la Russia.
Il dibattito attuale richiama alla mente il memorandum di Budapest del 1994, quando l’Ucraina rinunciò al suo arsenale nucleare in cambio di garanzie sulla sicurezza e sui confini. Tali promesse sono state però disattese nel 2014 con l’annessione della Crimea e successivamente con l’invasione russa.
Questi avvenimenti alimentano oggi la paura di ripetere errori del passato. Per molti ucraini, la cessione del Donbass non rappresenta soltanto una perdita territoriale, ma un rischio per la sopravvivenza stessa dello Stato e per la sicurezza nazionale.