
La possibile partecipazione diretta della Cina al conflitto in Ucraina con truppe di peacekeeping apre nuovi scenari a livello internazionale. Secondo fonti diplomatiche europee, Pechino avrebbe espresso la disponibilità a intervenire, ma esclusivamente sotto mandato delle Nazioni Unite, condizione imprescindibile per assicurare la legittimità dell’operazione.
Questa ipotesi emerge in un contesto di elevata tensione, in cui la comunità internazionale è alla ricerca di soluzioni per porre fine alle ostilità. L’ingresso cinese, limitato a funzioni di stabilizzazione, avrebbe rilevanti implicazioni geopolitiche, considerato il delicato equilibrio fra Pechino, Mosca e l’Occidente.
Il coinvolgimento della Cina e le condizioni per l’intervento

Le informazioni, riportate dal quotidiano tedesco Welt am Sonntag, sono state confermate da ambienti vicini al governo cinese. Tuttavia, l’impegno di Pechino non sarebbe autonomo ma subordinato a un mandato esplicito dell’Onu. Tale requisito garantirebbe un intervento multilaterale, con il consenso delle parti coinvolte nel conflitto.
Questa posizione riflette la strategia della Cina di posizionarsi come un attore equidistante, evitando un appoggio esclusivo né alla Russia né all’Unione Europea. L’obiettivo è mantenere un ruolo di mediazione senza compromettere gli equilibri esistenti.
Le implicazioni diplomatiche dell’iniziativa cinese
Un eventuale dispiegamento di truppe di peacekeeping a Kiev rappresenterebbe un importante segnale per l’Onu, la cui capacità di intervento in scenari complessi è stata negli ultimi anni indebolita. Il contributo della Cina, membro permanente del Consiglio di Sicurezza, potrebbe rilanciare il ruolo dell’organizzazione internazionale e favorire l’apertura di negoziati.
Resta tuttavia incerto se le condizioni politiche e diplomatiche permetteranno di concretizzare questa disponibilità. L’ipotesi richiede infatti l’approvazione delle istituzioni internazionali e il consenso delle potenze direttamente coinvolte nel conflitto.