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Putin ora trema: il crollo del petrolio spaventa la Russia e il mondo intero, i rischi di una situazione imprevista

Una lieve risalita dopo un vero e proprio tracollo, quello delle quotazioni del petrolio, risalite a 66,50 dollari al barile per il Brent e di poco in calo giornaliero a 56,17 dollari per il Wti americano. Il tutto dopo che le quotazioni internazionali avevano sfiorato cali dell’8% a seguito delle parole del presidente americano Trump, vero regista dietro questa situazione, che chiedeva “prezzi molto più bassi, data l’offerta”. E con gli investitori che, calcolatrice alla mano, già parlano di una possibile crisi di sovrapproduzione.

La strategia statunitense ha spiazzato tanto gli arabi quanto i russi e conferma come l’America sia ormai diventata una vera e propria potenza petrolifera. E sintetizza alla perfezione la spregiudicatezza di Trump, che al momento va avanti per la sua strada nonostante i monito del segretario Opec Mohammed Barkindo, che ha sconsigliato di proseguire con l’obiettivo di prezzi bassi per il greggio ricordando come l’America abbia pagato il tonfo delle quotazioni negli anni passati con il fallimento di un centinaio di compagnie minori e la distruzione di migliaia di posti di lavoro.Una situazione che preoccupa però la Russia, destabilizzata dal calo del petrolio. A Mosca guarda con apprensione il mondo intero in queste ore, visto che un ulteriore crollo potrebbe avere conseguenze devastanti sull’economia. Sotto gli 80 € al barile, il rischio è addirittura quello del default. Il ministro dell’Energia Alexander Novak, non a caso, ha chiesto di “evitare di reagire eccessivamente ai movimenti una tantum del mercato”, tentando di stemperare i toni allarmistici e riportare allo stesso tempo tutti gli attori in scena coi piedi per terra.“La Russia – ha ricordato Novak, invitando a guardare a dinamiche di lungo periodo – ha già già ridotto di 20.000 barili al giorno la sua produzione rispetto a ottobre”. Trump, dal suo canto, punta su prezzi bassi non solo per la gioia degli automobilisti ma per assicurarsi un calo stabile dell’inflazione, rendendo così possibile una pausa sui tassi per continuare ad alimentare la crescita economica almeno fino alle prossime presidenziali tra due anni.

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