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Qualità della vita in città che umilia i romani: tra trasporti, rifiuti e affitti a Roma si sta peggio che a Bucarest e Sofia

Tra rifiuti lasciati a marcire nelle strade, mezzi pubblici non sufficienti o che ogni tanto prendono fuoco, e condizione delle strade disastrose, non è certo una sorpresa che Roma non brilli come città a misura dei cittadini: dall’ultima indagine Censis sulla qualità della vita, anche Sofia e Bucarest battono Roma, Napoli e Palermo in termini di giudizio dei cittadini. E non va meglio per la casa. Altro che home sweet home, un incubo più che un sogno per almeno 1,6 milioni di famiglie in affitto sul mercato in difficoltà a sostenere le sole spese di affitto. Per non parlare dei 60.000 sfratti all’anno,ben 160 al giorno. Un triste quadro emerso dal focus “Città, la crisi dell’abitare e la mappa dei disagi” promosso da Confcooperative Habitat e realizzato in collaborazione con Censis e Confcooperative, secondo cui non va meglio agli oltre 6 giovani su 10 che, nell’età compresa tra i 18 e i 34 anni, vivono ancora a casa con i genitori. Colpisce che siano addirittura 1 su 2 nella fascia 24 – 35, rispetto a 1 su 10, o poco più, di Germania, Regno Unito e Francia. La crisi inoltre ha ridotto fortemente le capacità reddituali sia degli under sia degli over 35.

“Un disagio economico, sociale, amministrativo – afferma il presidente della Confcooperative, Maurizio Gardini – è questo quanto ci consegna il focus Censis. Città che perdono qualità, giovani che non trovano occupazione e non riescono ad affrancarsi dalle famiglie. Una crisi che ha punto a fondo e relega ancora ampie fette di paese in un cono di difficoltà economica che genera rancore, anche se alcune misure di contrasto alla povertà, a partire dal reddito di cittadinanza, dovrebbero favorire un miglioramento nel medio periodo”. Tra le principali cause del collasso ci sono pulizia, trasporto pubblico e condizioni di strade ed edifici. A Roma solo 9 abitanti su 100 sono soddisfatti della pulizia, a Palermo appena il 7%, nessuno in Europa fa peggio. Un disagio sociale che si acuisce con quello economico dalla crisi iniziata nel 2009, evidentemente non ancora pienamente superata.Gli effetti della crisi dell’abitare
La prima dimensione critica, per molti aspetti la più grave, dell’abitare contemporaneo riguarda la disponibilità e accessibilità del bene casa. Cresce la quota di affitto tra le famiglie a basso reddito: prima della crisi si attestava sul 36% (poco più di un terzo del totale) oggi è intorno al 44%. E aumenta anche tra i giovani: dal 2007 al 2017 le famiglie under 35 proprietarie dell’immobile in cui vivono sono scese del 14%, passando dal 74 al 60%, mentre la quota di quelle in affitto è salita dal 25 al 39%. Le famiglie con principale percettore di reddito di età compresa tra i 35 e i 44 anni proprietarie sono invece calate del 9%, passando dal 79 al 70%, nella stessa fascia di età quelle in affitto sono passate dal 21 al 29%. L’affitto è una condizione abitativa tipica delle città. Delle 4 milioni di famiglie in affitto circa il 40%, 1,6 milioni è in condizioni di disagio abitativo in relazione ai costi. Addirittura tra le famiglie in affitto sul mercato ben il 28% dichiara di sostenere una spesa per la casa che supera il 40% del reddito. La crescita degli affitti e delle difficoltà economiche ha fatto lievitare gli sfratti che in 9 casi su 10 sono dovuti a morosità. Nel 2017 ogni giorno, festivi compresi, sono state raggiunte da uno sfratto 160 famiglie. Per ogni nuova abitazione sociale ci sono circa 6 famiglie oggetto di sfratto.Casa trasportabileA casa con mamma e papà fino a 34 anni
L’indisponibilità di case in affitto a basso costo insieme alla difficoltà a trovare un lavoro stabile, al protrarsi degli studi, determina la lunga permanenza dei giovani in famiglia. Il 66,4% dei giovani italiani, tra i 18 e i 34 anni, vive ancora con i genitori, con una forte differenza tra le donne (56,9%) e gli uomini (68%), ma soprattutto una consistente differenza con la media europea, che si attesta al 48,1%. Se consideriamo la fascia 25-34 anni scopriamo tristemente che interessa il 49,3% dei giovani.

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