Perché cercarsi un lavoro stabile, o comunque regolarizzarlo secondo i termini di legge, se col reddito di cittadinanza si viene pagati per non fare niente? Il quesito rende una visione forse troppo semplicistica del sussidio assistenziale caro al Movimento 5 stelle, ma se si analizzano i recenti dati in merito agli ammortizzatori sociali ricevuti dagli italiani con Job Act e legge Fornero, elaborati da Bankitalia, il dato che emerge dimostra chiaramente la crescita dei “disoccupati inattivi”. Categoria destinata ad allargarsi con il reddito di cittadinanza.
Di media, una persona su sette che riceve l’indennità di disoccupazione o mobilità non è attivo sul mercato del lavoro: nel 2016 il tasso di inattività tra i percettori era pari al 14,3%, e il passaggio a ASpI e NASpI ha sostanzialmente lasciato il dato invariato. Nessun miglioramento. La quota di occupati sul totale di coloro che ricevono indennità di disoccupazione e mobilità, poi, fino al 2008 era pari al 40%, ma la diminuzione negli ultimi anni è stata vertiginosa e attualmente si attesta sul 10%. Qui il peggioramento del dato parla chiaro. Con queste premesse, anche se ancora oggi resta sconosciuto l’importo per gli interventi a sostegno dei cittadini meno abbienti previsti nella nota integrativa al DEF appena approvata dal Governo, il reddito di cittadinanza si avvia certamente a non rappresentare un rimedio efficace per incentivare il lavoro.