Vai al contenuto

Roma, 51 arresti per spaccio: una storia che qualcuno aveva già raccontato

Un’organizzazione criminale dedita allo spaccio di droga che agiva nella capitale e che aveva al vertice Fabrizio Piscitelli, noto come Diabolik e ucciso a Roma lo scorso agosto, e Fabrizio Fabietti. Una banda che è stata colpita in queste ore da 51 misure misure cautelari  effettuate su richiesta della Dda coordinata dal procuratore Michele Prestipino. Stando a quanto ricostruito dagli uomini della Guardia di Finanza che hanno svolto le indagini, proprio Diabolik aveva un ruolo centrale nella struttura grazie alla sue amicizie eccellenti. Tra queste, quella con Michele Senese, punto di riferimento della camorra a Roma.

A far parte dell’organizzazione era una ‘batteria’ di picchiatori, anche ex pugili, tra cui cittadini albanesi, utilizzata per recuperare i soldi da chi non pagava. Compito che gli arrestati mettevano in pratica con estorsioni e pestaggi. Gli arresti sono scattati al termine di un’indagine delle Fiamme Gialle coordinata dalla procura di Roma e hanno visto impegnati tra Lazio, Calabria e Sicilia oltre 400 uomini. Il gruppo di di narcotrafficanti era in grado di rifornire la maggior parte delle piazze di spaccio in diversi quartieri della capitale.Dei 51 provvedimenti emessi dal Gip su richiesta della Dda di Roma, 50 sono misure cautelari in carcere mentre nei confronti di una persona sono stati disposti gli arresti domiciliari. A scrivere dell’organizzazione criminale che aveva preso il controllo dello spaccio in diverse zone di Roma erano stati nelle scorse settimane Massimiliano Coccia e Nello Trocchia sulle pagine de L’Espresso, parlando di un sottobosco criminale composto da spacciatori di vario rango, vecchi criminali, ex terroristi e ultras.Quello che era emerso era un “sistema autoctono fatto di rapporti tra neofascisti, ultras e mafie”, con la saldatura tra alcuni esponenti di Forza Nuova e gli Irriducibili, storici tifosi di estrema destra della Lazio: “A Fabrizio Piscitelli vennero tributati solenni funerali. Quella vergogna rimane, così come la solitudine di chi racconta esposto a minacce e sofismi ogni giorno”.

Migranti, la sentenza che scagiona Salvini fa acqua da tutte le parti