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Roma, dipendente del ministero a processo: “Carne avariata alle bambine e sputi alla moglie”

Un dipendente del ministero, accusato di violenze domestiche, è sotto processo davanti ai giudici della quinta sezione penale di Roma. La moglie giapponese e le sue due figlie, di sette e nove anni, hanno vissuto per tre anni un inferno fatto di maltrattamenti fisici, psicologici e di privazioni alimentari. L’uomo, che godeva di una posizione lavorativa prestigiosa e di un buon titolo di studio, puniva le figlie dando loro carne avariata o negandogli il cibo. In alcuni casi, le piccole venivano costrette a rimanere a digiuno o addirittura buttate nella doccia vestite.
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Roma violenze domestiche giapponese

Roma, violenze domestiche sulla moglie giapponese e sulle figlie

La moglie del dipendente del ministero, invece, era costretta a pulire il pavimento dopo che l’uomo aveva sputato per terra. Il marito insultava la moglie giapponese chiamandola “mongoloide, tornatene a Tokyo parassita” e minacciando di ucciderla mentre la colpiva con pugni, calci e schiaffi. L’ultima fase delle violenze domestiche culminava con le urla dell’uomo che intimava alla moglie e alle figlie di andarsene via e di tornare in Giappone.

L’orrore delle violenze subite dalla moglie giapponese e dalle figlie del dipendente del ministero ora a processo a Roma è indelebile e il loro incubo è finito solo grazie all’intervento delle autorità competenti. La donna e le bambine sono ora assistite dall’avvocato Carla Quinto e vivono in una struttura protetta. La storia di queste violenze domestiche, che si consuma in un quartiere della Roma bene, è una testimonianza della difficoltà di riconoscere e prevenire le violenze domestiche, anche in contesti sociali agiati.

Le violenze domestiche denunciate dalla donna giapponese si sarebbero consumate a Roma tra il 2018 e il 2021. Il 22 febbraio del 2020, secondo il suo racconto, il marito la avrebbe afferrata per una gamba trascinandola sotto una finestra. Dopo averla aperta, la avrebbe minacciata gridandole contro “adesso ti butto di sotto”. Inoltre, si legge nelle carte della procura,  “costringeva moglie e figlie a dividersi un’arancia: ‘Non avete diritto di mangiare perché siete delle parassite’. Poi rivolto alla moglie la minacciava: ‘Ti spacco la faccià mentre le bambine piangevano e lo imploravano di smettere’”.
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