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Rsa San Raffaele Rocca di Papa, l’appello dei parenti delle vittime: “Pazienti positivi al Covid in stanza con i sani”

Quella del San Raffaele a Rocca di Papa è l’ultima delle stragi silenziose di anziani che stanno avvenendo nelle residenze RSA di tutta Italia a causa del Coronavirus: sono almeno 85, di cui 5 deceduti, i casi di Covid-19 individuati all’interno del San Raffaele, alle porte di Roma. Sessantanove sono pazienti, sui 120 totali ospitati nella struttura. Più della metà. Gli altri sono operatori sanitari. Sono questi gli ultimi drammatici dati che arrivano da quello che al momento è uno dei focolai di contagio più gravi nel Lazio e in provincia di Roma, su cui la Procura di Velletri ha aperto un’inchiesta per verificare se ci siano stati o meno comportamenti dolosi da parte della proprietà della struttura. Questi dati hanno costretto la Regione Lazio e la Asl Roma 6 ad istituire attorno alla clinica una “zona rossa” controllata da esercito e Nas fino al 28 aprile. Ma la vicenda si complica anche sul lato giudiziario: le misure di prevenzione adottate “non risultano efficaci” e la Regione Lazio sostiene che il direttore sanitario, Gianni Rocchi, “risulta sprovvisto di specializzazione”.

La rabbia dei familiari delle vittime
Rabbia e domande anche tra i parenti dei pazienti ammalati o deceduti ricoverati nella Rsa. “Mi devono spiegare cosa è successo a mio padre l’ho ricoverato che non era malato di Covid ed è morto di Covid – ha raccontato Ivano Ciccarelli, tra i familiari più attivi in questi giorni nel raccontare cosa ha vissuto –. Ora vedremo le cartelle cliniche, cosa è successo, quelle almeno dovranno farmele vedere. Al San Raffaele non si sa bene quello che è successo, di fatti credo che l’inchiesta sia una cosa sacrosanta”. “La preoccupazione più grande è per mia mamma – racconta Loredana – Quando la sentiamo piange disperata. Riusciamo a sentirla perché a un telefonino suo, ma quando gli si scarica dobbiamo chiedere a qualcuno di aiutarla ricaricarlo, e non vi dico cosa dobbiamo fare per riuscirci”.Jasmin Esposito ha raccontato invece come il papà, ancora ricoverato al San Raffaele, gli aveva raccontato che in stanza con lui c’era un altro paziente “che manifestava sintomi quali tosse con sangue e febbre, ma non era stato messo in isolamento. Il giorno dopo mi richiama e mi dice che il suo vicino di letto si era aggravato e che lo avevano portato a fare un rx ai polmoni che aveva evidenziato una polmonite grave. È stato messo in isolamento solo il sabato mattina quando è da giovedì che manifestava sintomi preoccupanti”. E la promiscuità tra pazienti positivi sarebbe stata la condizione per la diffusione del contagio, assieme alla mancanza di dispositivi di protezione. “Sapete cosa mi ha risposto il primario ‘ma signora mia io mica posso mettere in isolamento tutti i pazienti che presentano tosse o febbre’. Le mascherine le ho dovute portare io a mio padre”, ha infine aggiunto Jasmin.Giovanna Boccardi ha ancora sua madre ricoverata al San Raffaele, positiva al Covid l’ha scoperto solo il 14 aprile dopo un tampone arrivato evidentemente in ritardo. Anche nella Rsa di Rocca di Papa, come in molte altre strutture per anziani, i familiari denunciano anche la difficoltà di avere informazioni e di comunicare con i loro cari: “Mia mamma ha dovuto affrontare tutto questo da sola, voglio dire che noi non siamo mai stati contattati dalla struttura per comunicarci quanto stava accadendo. La nostra difficoltà è sapere cosa sta accadendo all’interno, avere informazioni sullo stato di salute di nostra madre e abbiamo molti dubbi sugli attuali livelli di assistenza per i degenti che hanno necessità di mantenimento alto come lei”.

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