Ha mostrato un lato più “istituzionale”, meno riottoso e provocatorio, soltanto per poche settimane. Il tempo di entrare a far parte del nuovo governo Draghi, sistemare i propri ministri e poi iniziare una singolare strategia: lui, Matteo Salvini, a sparare bordate come fosse un corpo estraneo all’esecutivo, mentre gli esponenti leghisti parte della squadra del premier si allineano alle decisioni condivise con gli altri schieramenti. Un piano che a tratti sfiora la schizofrenia e che vede in questi giorni il Capitano impegnato a cavalcare un suo vecchio tormentone: lo ius soli.

Da qualche giorno, infatti, Salvini è tornato a martellare sul tema dei migranti, complice anche la contemporanea elezione di Enrico Letta come nuovo segretario del Pd. Il leader dem ha subito parlato di ius soli, scatenando la pronta reazione del numero uno della Lega. Secondo il quale, la norma servirebbe soltanto a dare “cittadinanza facile agli immigrati”. Una definizione che, però, testimonia quanta ignoranza ci sia ancora intorno al tema.

Quando si parla di ius soli, infatti, si intende il principiio secondo il quale “la cittadinanza si acquisisce automaticamente per il fatto di essere nati nel territorio di un determinato Stato”. Un diritto, insomma, che prevede come chiunque nasca sul suolo di una nazione, nel caso specifico l’Italia, ne diventa automaticamente cittadino. Una piccola rivoluzione che non riguarderebbe quindi soltanto gli immigrati, ma anche gli italiani. E non pensata per regalare cittadinanze facili, come la Lega vuole invece dare a intendere.