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La sconfitta di Salvini sul Green Pass spacca la Lega: il segretario ora è sotto tiro

Non è un buon momento per Matteo Salvini. Parla parla, ma poi Draghi decide e lo mette in un angolo, mentre lui prova ancora a aizzare le folle di no-vax e anti green-pass. La decisione del governo di cui la Lega fa parte, infatti, ha spaccato subito il partito, e il segretario ora è sotto tiro. Delle cinque richieste portate in Consiglio dei ministri giovedì scorso dal ministro leghista Massimo Garavaglia (e considerate irrinunciabili) è rimasto ben poco, ovvero il punto 4: il no al Green Pass per i servizi di ristorazione interni agli alberghi. (Continua a leggere dopo la foto)

Armando Siri, fedelissimo proprio di Salvini, non ci sta: il Green Pass accettato dal partito è “un modo subdolo per costringere tutti a vaccinarsi con il ricatto di non poter più neppure andare a scuola. È un atto contro la Costituzione e lo Stato di diritto. Non si può tagliare fuori da una decisione così grave il Parlamento che è il luogo del confronto e della dialettica democratica nel quale ciascun rappresentante del popolo può esprimere la sua posizione in merito, assumendosene la responsabilità”, si sfoga. (Continua a leggere dopo la foto)

Come scrive Repubblica, “non è un caso quindi se quella parte di Lega che, direttamente o meno, strizza l’occhio al mondo No-vax, oggi coalizzato dietro la bandiera del no al Green Pass, promette sfracelli in aula a settembre, quando il provvedimento dovrà essere vidimato dalle assemblee elettive. Un bombardamento di 900 e rotti emendamenti leghisti, sperando di ammorbidire la misura governativa. Se poi non ci fossero margini per una correzione, allora potrebbero essere addirittura più di 20 gli eletti del Carroccio pronti a non piegarsi: numeri da subordinazione vera e propria”. (Continua a leggere dopo la foto)

Da una parte quindi c’è la Lega moderata e di governo che è a favore della misura a tutela della salute pubblica e che ha gestito la pandemia sui territori, cioè i presidente di Regione Luca Zaia, Attilio Fontana e Massimiliano Fedriga (oltre al super ministro vicinissimo a Draghi Giancarlo Giorgetti). Dall’altra gli oppositori come Siri, Borghi, Bagnai e un fronte sempre più crescente. Per questo motivo Salvini ora si barcamena come può, e nella difficoltà di tenere assieme sensibilità opposte preferisce buttare la palla in tribuna e ritira fuori il tema di distrazione che preferisce: gli immigrati.

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