“Se dovessero intercettarmi rileverebbero cinque reati ogni ora”. A pronunciare la frase, agghiacciante, direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Perugia Emilio Duca, finito ora ai domiciliari con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla manipolazione di concorsi pubblici. In quell’intercettazione resa nota dagli investigatori, la sintesi di un sistema ormai ben rodato per gestire le assunzioni di personale nel mondo nella sanità. Con i protagonisti tutti consapevoli dei rischi che correvano, ma non per questo meno determinati. 
I tre esponenti dem di volta in volta raccomandavano qualcuno Ai domiciliari sono finiti anche altri due direttori, Maurizio Valorosi e Diamante Pacchiarini, ritenuti responsabili insieme a Duca della distorsione dei bandi pubblici, il cui obiettivo, per l’accusa, era quello di “acquisire consenso presso i propri referenti politici e di assicurarsi il mantenimento dell’attuale posizione lavorativa”. Per salvarsi il posto, in pratica, assecondavano i desideri dei politici.
L’indagine che ha sconvolto l’Umbria era arrivata a un punto di svolta nel gennaio 2018, quando Valorosi parlando con Duca aveva detto di aver “messo le mani sui temi” di un concorso pubblico e di averli dati al marito di una candidata, così da assicurarsi il superamento della prova. Da lì sono partiti i movimenti degli investigatori, capaci di ricostruire un fitto intreccio tra il mondo della politica e quello della sanità perugina. Un mondo dove le selezioni risultavano puntualmente truccate, favorendo sempre e comunque amici e parenti di chi detiene il potere.Roma, indagato per corruzione anche l’assessore Frongia, fedelissimo della Raggi