Si mostravano tutti insieme, a braccetto, compatti e pronti a sfidare l’Europa per cambiarla nel profondo. Oggi, invece, vivono di relazioni fredde, come dei perfetti sconosciuti. Da un lato Viktor Orbàn e Jarosław Kaczyński, dall’altro Matteo Salvini e Marine Le Pen. Sovranisti dell’est contro sovranisti dell’ovest, ormai sempre più divisi dopo una campagna elettorale per le europee giocata di sponda.
A raffreddare i rapporti erano stati inizialmente il caso Russiagate e le presunte accuse di finanziamenti illeciti a un membro della Lega. Poi, lo strappo arrivato con il caso dell’elezione di Ursula Von der Leyen alla Commissione Ue, eletta per un soffio anche grazie ai 13 voti degli ungheresi di Fidesz e i 26 di Pis, il partito sovranista che dal 2015 governa la Polonia. La Lega e i suoi alleati dell’eurogruppo Identità e democrazia avevano invece votato contro.
Una situazione che conferma le accuse mosse da più parti a Matteo Salvini, tanto solido e vittorioso tra i confini italiani quanto spaesato una volta varcata la soglia che conduce a Bruxelles. Orbàn non aveva esitato a chiamare il leader della Lega per convincerlo a osteggiare la nomina alla Commissione del socialista Frans Timmermans. Poi, quando è stato il Capitano a chiedergli di ricambiare il favore e votare contro la Von der Leyen, ha fatto orecchie da mercante.
A Salvini gli (ex) alleati dell’est non perdonano la vicinanza a Marine Le Pen, troppo filorussa e anti Ue per i loro gusti. Accantonata la battaglia comune sul tema dei migranti, le differenze tra nazionalisti dei diversi Paesi sono esplose subito, tonanti. A tutto vantaggio di un Movimento Cinque Stelle che gongola di fronte alle incertezze europee di Salvini e spera di vederlo presto indebolito anche sul fronte del consenso interno.
Il miracolo di Salvini: i 49 milioni da restituire allo Stato diventano 18