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“I compagni non mi accettano”, a 15 anni scappa in treno per fuggire dai nonni in Sicilia

Di storie così ce ne sono molte, per questo è bene raccontarle, per riflettere e per far riflettere. Il problema del sentirsi accettati è ancora molto diffuso tra gli adolescenti, soprattutto nelle scuole, dove crescono cattiveria e atti di bullismo. La battaglia culturale è la prima cosa da fare, per mettere in campo gli anticorpi del rispetto, della tolleranza e della non violenza. E così arriva da Settimo Torinese la storia di un ragazzino che si è sentito rifiutato dai compagni di classe e per questo ha provato, da solo, a scappare dai nonni in Sicilia.

Il ragazzino, 15 anni di Settimo Torinese, è stato però notato dal capotreno che lo ha fatto scendere alla stazione di Genova Principe dove poi gli agenti della polizia ferroviaria lo hanno affidato ai genitori. Il ragazzino ha preso il treno da Torino diretto al sud per andare dai nonni. Durante il viaggio il capotreno gli ha chiesto il biglietto, ma l’adolescente ha ammesso di non averlo e di viaggiare da solo. A quel punto, il treno era arrivato a Genova Principe e il capotreno lo ha affidato agli agenti alla stazione di Genova.

Qui il ragazzo ha raccontato di non volere tornare a scuola perché preso di mira dai suoi compagni, che non lo accettavano nel gruppo. I poliziotti lo hanno ascoltato e dopo hanno chiamato i genitori, ignari della fuga, che sono arrivati da Torino a riprenderlo. I nonni e quella terra lontana in Sicilia ai suoi occhi potevano essere una soluzione al problema. Agli uomini della Polfer non è rimasto che rassicurarlo e mettersi in contatto con la mamma che, ignara dell’allontanamento del figlio, si è precipitata nel capoluogo ligure dove ha potuto riabbracciare il ragazzo.

Famiglie, scuola e istituzioni devono assolutamente continuare a lavorare e collaborare per far sì che episodi di questo tipo smettano di verificarsi. I messaggi che ricevono i ragazzi devono essere positivi, da social, tv, informazione e politica. Altrimenti si rischia di arrivare presto ad altre tragedie. E questo è inaccettabile nel 2019 in un Paese “civile”.

 

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