Vai al contenuto

Iran, strage di civili: almeno 200 morti. Cosa sta succedendo nel silenzio di tutti

Cosa sta succedendo in Iran? Continua una vera e propria strage da parte del regime. Grazie a Internet, che è stato riacceso dopo un’intera settimana di blocco totale della rete, il mondo ha potuto vedere i video pubblicati dai cittadini sui social media e rendersi conto dell’orrore. Era proprio la circolazione di queste immagini che le autorità avrebbero voluto evitare: le prove della repressione di una protesta iniziata a metà novembre. Coperte dal blackout di Internet, le forze dell’ordine iraniane secondo Amnesty International avrebbero ucciso 161 manifestanti, 366 per il sito di opposizione Kaleme, oltre 200 secondo la Bbc Persian. Come scrive Linkiesta in una approfondita analisi della situazione iraniana, “il disaccordo non è soltanto numerico: per il governo le migliaia di persone per strada non sarebbero ‘manifestanti’, ma delinquenti”.

Scrive ancora Linkiesta che “la Guida suprema Ali Khamenei ha subito parlato di ‘cospirazione’ e di forze straniere in campo per fomentare la sedizione, ma in realtà quella dei giorni scorsi sembra essere la più vasta protesta contro il regime degli ayatollah e la sua legittimità da decenni. Neppure le capillari proteste di fine 2017 e inizio 2018, che hanno attraversato Iran e toccato le sue più remote province, sono state secondo gli analisti intense quanto queste. E a dimostrare l’inquietudine del regime c’è la prova dell’inedito e complesso blocco della rete, messo in atto per limitare la mobilitazione e controllare la narrazione”.

Il malcontento sociale che scuote il Paese è profondo. “A innescare il dissenso di queste settimane è stata la cancellazione di un sussidio sul carburante e il conseguente innalzamento del prezzo della benzina. In un Iran affaticato dalla crisi economia, il peso delle sanzioni americane si fa sentire. L’effetto delle nuove misure economiche imposte da Washington è stato pesante su un’economia già indebolita dalla cattiva gestione e dalle ingenti spese militari: le esportazioni di greggio sarebbero scese secondo il Wall Street Journal del 70 per cento a causa delle sanzioni americane, a 500mila barili al giorno”.

Il malcontento però non è soltanto economico, scrive Linkiesta, “è molto più profondo e colpisce al cuore il sistema di potere iraniano e il suo clero politico”. La popolazione è stanche per il fatto che l’Iran spenda milioni di dollari di denaro pubblico in guerre lontane, dalla Siria allo Yemen a Gaza, e di finanziare gruppi stranieri come Hezbollah in Libano, privando i cittadini dei servizi della quotidianità. E allora gli obiettivi della folla diventano scuole religiose dove si forma l’élite politica, i quartier-generali delle potenti forze paramilitari che preservano il potere, le banche e gli istituti di credito molto spesso legati a personalità del clero.

 

Ti potrebbe interessare anche: Iran, è rivolta: più di 100 morti tra i manifestanti. Il regime: “Impiccheremo chi si ribella”