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La Russa contro Luca Di Bartolomei: “Parli solo perché tuo padre si è suicidato”

Uno scontro in diretta che ha del vergognoso. Le parole di La Russa sono decisamente inaccettabili e vanno oltre ogni senso del limite, della decenza e del rispetto. Luca Di Bartolomei, figlio del calciatore della Roma, Agostino, suicidatosi con un colpo di pistola nel 1994, è ospite a “L’Aria che tira” per presentare il suo saggio “Dritto al cuore”, contro la diffusione delle armi. Di Bartolomei, con questo libro, sarà presente anche Caffeina Festival domenica 23 giugno alle 19.30 in Piazza del Plebiscito.

“L’Italia è un Paese sicuro, questa è la realtà, il resto è chiacchiericcio abbastanza modesto e mediocre della politica” afferma in trasmissione Luca. Ma tanto basta per suscitare l’ira del senatore di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa che nella risposta va decisamente sopra le righe.

“Non so che titoli abbia per parlare di chiacchiericcio della politica. Io rispetto il fatto che suo padre si sia suicidato ma questo non gli dà nessun diritto di pensare che la verità possa essere stravolta, dicendo che con questa legge c’è un aumento delle armi. Come si permette di parlare di chiacchiericcio?”.

“Veramente sono innanzitutto un cittadino e un elettore”, replica giustamente Di Bartolomei. Il video di questa brutta uscita a vuoto di La Russa ha subito infiammato i social che si sono schierati trasversalmente al fianco del figlio dell’ex capitano della Roma.

“Dritto al cuore” è un pamphlet uscito per Baldini e Castoldi che vuole mettere in guardia da una cultura militarista e violenta. L’impegno di Luca nasce da un fatto privatissimo: infatti il padre Agostino Di Bartolomei si tolse la vita nel 1994 proprio sparandosi con una pistola, a soli 39 anni. Ma la sua battaglia travalica il dato autobiografico e si pone a riflettere sulle conseguenze che in generale il moltiplicarsi delle armi porta nella società: “Le armi sono pericolose di per sé e il loro uso, la custodia e la manutenzione sono azioni che necessitano di una consuetudine, una meticolosità e di un’attenzione estrema”.

Viviamo in un paese che si ritiene insicuro e al pericolo, anche se le statistiche dicono il contrario, soprattutto se pensiamo alle nostre percentuali di omicidi che sono le più basse d’Europa o che l’aumento degli immigrati (altro spauracchio leghista) non ha portato a nessun aumento dei reati. D’altro canto un terzo delle donne uccise da compagni o parenti è stata freddata da un’arma regolarmente in possesso di questi uomini.

E parallelamente, si capisce dai dati evidenziati da Di Bartolomei, mentre diminuiscono cacciatori e tiratori sportivi (che avrebbero dunque motivi specifici per utilizzarle) assistiamo a un “ampio aumento delle concessioni del porto d’armi”, in modalità che non prevedono nemmeno sia necessario mettere piede in un poligono. Il libro di Di Bartolomei non si nasconde dietro a valori ideali o facili sentimentalismi, ma ragiona dati alla mano sul controsenso di andare verso una società militarizzata.

È indubbio che sentimenti di incertezza sono proliferati negli ultimi decenni, e lo scrittore qui ne analizza parecchi. Ma ancora una volta che la panacea di tutti i mali passi per l’affermarsi tramite un’arma sembra assurdo e anzi è un’ulteriore responsabilità levata allo Stato.

 

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