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Verità sui bitcoin: molti banchieri alzano il fuoco di sbarramento contro la criptovaluta

L’evidente successo dei bitcoin sembra provocare non poco fastidio negli ambienti finanziari tradizionali. Mentre la criptovaluta continua a inanellare record, infatti, alcune personalità di spicco non esitano a indicare nella moneta virtuale creata da Satoshi Nakamoto nel 2009 un modo per coprire attività illegali.
Lo ha fatto ad esempio Davide Serra, il fondatore di Algebris, che in un suo tweet non ha girato intorno al problema, affermando che i bitcoin sarebbero uno schema Ponzi creato ad arte per ripulire fondi sporchi. Non è detto però che la verità sui bitcoin sia quella enunciata da Serra e il dibattito resta aperto.
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Monta la polemica

Le parole di Serra hanno comunque provocato una serie di risposte piccate da parte dei sostenitori delle criptovalute. A partire da Alan Silbert, il quale ha chiesto al finanziere italiano di informarsi meglio prima di dire cose inesatte, anche perché se il suo ragionamento fosse portato alle estreme conseguenze dovrebbero essere vietati anche euro e dollaro, ovvero le divise tradizionali.
Ancora più piccata la risposta di un altro utente di Twitter, il quale ha avuto buon gioco nel ricordare come in realtà le vere lavatrici per i soldi sporchi siano da sempre le banche. Impossibile dargli torto alla luce della funzione svolta non solo dalle banche svizzere e lussemburghesi, ma anche dagli ormai famigerati paradisi fiscali.
Insomma la verità sui bitcoin può tranquillamente essere tirata da una parte o dall’altra, senza però che le fortune della criptovaluta accennino a diminuire.
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verita-sui-bitcoin-3La carenza di regole

Il problema vero, forse, non è tanto quello di stabilire la verità sui bitcoin, quanto di dare vita ad un quadro normativo costituito da regole certe e in grado di tutelare i piccoli risparmiatori dalle truffe che possono essere intessute intorno alla moneta virtuale.
A ricordarlo è stato il presidente di Consob, Giuseppe Vegas, nel corso di una audizione presso la Camera dei Deputati, durante la quale ha chiesto di regolamentare meglio il quadro.
Nella stessa audizione, Vegas ha però ricordato che c’è una prima difficoltà da rimuovere, ovvero stabilire se i bitcoin siano prodotti finanziari o moneta a tutti gli effetti. Non è propriamente una questione di lana caprina, in quanto proprio da questa precisazione preliminare ne consegue l’affidamento della pratica all’autorità di settore.
Peraltro nella stessa occasione, Vegas ha ricordato che le banche tradizionali non sono messe in pericolo dalla moneta virtuale, ma dall’adozione sempre più forte di nuove tecnologie, che rendono in pratica inutile, o quasi, la detenzione di sedi fisiche.
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Il parere di Dimon

Le parole di Serra, peraltro, sono andate ad echeggiare quelle ben più dure rilasciate a settembre da Jamie Dimon, il CEO di JPMorgan Chase & Co., uno dei banchieri più noti e accreditati degli Stati Uniti.
Secondo Dimon, infatti, i bitcoin non sarebbero altro che una truffa, destinata prima o poi a fare una brutta fine, una forma di investimento alla quale possono essere interessati soltanto coloro che portano avanti operazioni illegali e che hanno quindi bisogno di strumenti in grado di celare i movimenti di denaro sporco.
Ancora Dimon ha poi ammesso che la moneta virtuale potrebbe piuttosto avere una sua valenza in aree problematiche del mondo come la Corea del Nord o il Venezuela, anche se sembra complicato capire i motivi che dovrebbero spingere i governanti di quei Paesi ad adottarla.
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