Un regolamento, quello di Dublino, che continua a tenere in scacco l’Italia, Paese di primo approdo a cui ogni anno sono i vicini di casa europei a destinare migranti in numero superiore rispetto a quelli che arrivano dall’Africa via mare. E che però Lega e Cinque Stelle non hanno tentato di riformare al Parlamento Europeo, rassegnandosi di fatto al mantenimento dello status quo. Quello che ha visto la Germania rimandare indietro negli ultimi mesi 1200 persone. 
Numeri crescenti che sintetizzano, da soli, il fallimento di Matteo Salvini, ministro dell’Interno in guerra con le ong e le loro navi che soccorrono naufraghi in mare ma incapace di imporsi di fronte ai colleghi a Bruxelles. Il ritmo di persone che varca i nostri confini e che arriva da altri stati dell’Ue è di 5-600 al mese, ben superiore a quanti il governo, nonostante le promesse, riesca a rimpatriarne.
“Nel primo trimestre 2019 — si legge nella relazione appena presentata dal neo direttore del dipartimento Libertà civili e immigrazione Michele Di Bari alla commissione affari costituzionali della Camera presieduta da Giuseppe Brescia — i cosiddetti dublinanti di ritorno sono stati più numerosi degli sbarchi via mare”. Con i 20 sbarcati ieri a Crotone e i 6 nel sud della Sardegna, hanno raggiunto i 2.186. Ha invece sfondato il muro dei 3.500 il numero di quelli che la polizia di frontiera ha dovuto accogliere in arrivo da ben nove stati membri della Ue.Germania e Francia sono i Paesi che ci mandano più dublinanti, ma la lista è molto più lunga: Paesi Bassi, Austria, Svizzera, Belgio, Svezia, Regno Unito e Lussemburgo. L’Italia ha provato a mandare oltralpe qualche migliaio di persone, per ricongiungimenti familiari o situazioni di vulnerabilità, ma su 6.000 richieste siamo riusciti a organizzare 264 trasferimenti.
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