Ci ha provato, Matteo Salvini, a darsi un tono. A mostrare un lato inedito di sé, più responsabile, in modo da prepararsi il terreno prima di tentare l’ultima scalata, quella al gradino di premier. Via il linguaggio più volgare, pesante, sostituito da espressioni inedite, meno feroci. E poi gli incontri con il cardinal Ruini per tendere la mano in segno di pace alla Chiesa, dopo tante polemiche. Le riflessioni sulla collocazione europea del partito. Il restyling di quella Lega sempre meno Nord. Tutto bello, tutto giusto. Tutto durato, però, davvero molto poco.
Lega di questi ultimi giorni è stata quella di sempre, più vicina a figure per niente “politically correct” come Claudio Borghi e Alberto Bagnai. I risultati? Un rissone in Parlamento in stile Bud Spencer e Terence Hill, le minacce di denuncia al presidente del Consiglio Conte per alto tradimento, il Mes trasformato in demone da esorcizzare prima che possa distruggere per sempre l’economia italiana. Insomma, bentornato vecchio Salvini.
Un passaggio che sottolinea, ancora una volta, come il sovranismo non possa mutare pelle, pena il suicidio politico ed elettorale. Salvini è questo, sarà questo. Non a caso, dopo un piccolo ritorno di fiamma, ha preso subito le distanza da Berlusconi quando quest’ultimo ha provato a farsi passare come traghettatore europeo della coalizione in un’intervista al Corriere della Sera. “Lo ringrazio, non ci serve”. Normalizzare La Lega salviniana non è possibile, inutile continuare a insistere. Lo stesso Capitano si è reso conto che, fingendosi moderato, si era soltanto coperto di ridicolo.Berlusconi non cambia mai: “Scusate se vi saluto, ma devo andare a putt***”