Ha cercato di sminuire la portata delle sue decisioni, spiegando di non aver “disposto nessun sequestro” ma essersi limitato a “rallentare lo sbarco” delle persone che si trovavano a bordo della nave Gregoretti. Poi ha tirato in ballo il suo successore al Viminale, la ministra Lamorgese, sostenendo come anche quest’ultima abbia agito in maniera analoga in varie occasioni. Infine ha tirato in ballo i suoi figli, dicendosi dispiaciuto di cosa leggeranno sui giornali e chiedendo rispetto per loro. Una difesa, quella di Matteo Salvini in Senato, non troppo convincente. E con qualche passaggio, francamente, più che rivedibile.
Salvini ha poi promesso che, in caso dovesse un giorno far parte della maggioranza, si batterà in difesa della libertà d’azione politica anche dei suoi avversari. Una svolta non da poco per un leader che ha fatto dell’odio verso i suoi avversari, da sempre, il punto di forza del suo programma politico, andando a riempire le piazze di persone scontente al grido di facili slogan sempre rivolti contro il nemico di turno (immigranti, sinistra, l’Europa e chi più ne ha più ne metta).
L’uomo che invocava le manette per Carola Rackete, che paragonava Laura Boldrini a una bambola gonfiabile, che cantava simpatici cori contro i napoletani definendoli “colerosi” e che pubblicava sui social sempre e solo notizie di crimini con stranieri come protagonisti, oggi si è riscoperto improvvisamente vittima dell’odio altrui. E chiede rispetto, toni pacati, confronti politici duri ma che non superino mai certi limiti. Li stessi che lui e il suo staff, in passato, hanno ignorato quotidianamente. E che però ora, con Salvini sul banco degli imputati, sono al centro di un accorato appello.Gregoretti, Salvini in affanno: “Ho soltanto rallentato lo sbarco”