La Cina resta ancora sotto osservazione, in attesa di capire come siano davvero andate le cose al momento dello scoppio dell’epidemia di Covid-19. Con l’ipotesi, ancora nel mirino dell’intelligence americana, che il virus sia stato creato artificialmente in un laboratorio di Wuhan, liberato per errore mentre si facevano sperimentazioni alla ricerca di un farmaco anti-Hiv. In un crescendo di accuse che ora tirano in ballo anche l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, rea di aver tenuto nascoste a sua volta informazioni sulle origini della malattia.
A insospettire è anche il rapido succedersi degli eventi in Cina: il virus era stato isolato in soli 6 giorni, in 8 era già pronta la sequenza da inviare all’Oms dopo i test su una batteria di cellule umane e animali, il 16 gennaio erano già distribuite in tutta Hubei tamponi e kit per l’analisi RT-PCR. Tra il 19 e il 21 gennaio, ogni provincia cinese aveva le sue dotazioni. Un incredibile esempio di efficienza o la conferma che il virus era stato studiato già prima del 9 gennaio? Questo l’interrogativo che continua a generare accuse e tensioni.
I sospetti sembrerebbero confermare così le dichiarazioni del dottor Li Wei Lang, le cui conversazioni in chat aveva presto fatto il giro del mondo: già il 31 dicembre aveva scritto di “sei pazienti con virus identificato appartenente a un sottotipo Sars-like, del tipo coronavirus. Secondo la testata cinese South China Morning Post, i primi casi risalirebbero almeno ai primi di novembre 2019. L’Oms, nel frattempo, aveva inviato una delegazione in Cina soltanto il 16 febbraio.Feltri non si scusa e attacca di nuovo: “Al Sud le persone non leggono molto”