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Addio Leila, “l’imprenditrice dei poveri” che dava lavoro ai meno fortunati

La conoscevano tutti come “l’imprenditrice dei poveri”, un soprannome del quale lei, da sempre schierata dalla parte dei più bisognosi, andava particolarmente fiera. Il mondo intero si è fermato di fronte alla morte di una persona speciale, Leila Janah, famosa per aver dato lavoro attraverso le sue aziende a oltre undicimila persone tra India e Africa. La donna è scomparsa nella sua casa di New York, in America, dove da tempo era costretta a lottare con una brutta malattia che l’aveva colpita e che alla fine l’ha portata via a soli 37 anni.

Leila soffriva da tempo di tumore ai tessuti molli, il cosiddetto sarcoma epitelioide. Attraverso i social aveva raccontato la sua battaglia senza mai vergognarsi delle sofferenze, mostrandosi senza capelli e molto dimagrita. La notizia della sua morte risale in realtà alla fine di gennaio ma è stata resa nota soltanto nelle ultime ore. Classe 1982 e di origine indiana da parte di entrambi i genitori, Leila era nata a Lewinston, vicino alle cascate del Niagara, prima di trasferirsi in un sobborgo di Los Angeles.Leila aveva fin da giovanissima espresso il desiderio di aiutare i meno fortunati. Nel periodo universitario aveva iniziato a trascorrere le sue estati in Ghana per partecipare ad un programma di insegnamento dell’inglese per i bimbi non vedenti. Il contatto con le aree più povere del contente africano l’aveva spinta a cercare di fare qualcosa di concreto per quelle popolazioni. Così nel 2008 aveva fondato in Kenya “Samasource”, dal sanscrito Sama che vuol dire “eguale”, con l’obiettivo di offrire una vita migliore a coloro che vivono al di sotto della soglia di povertà. L’azienda dà attualmente lavoro a oltre 2.900 persone in Kenya, Uganda e India. La compagnia lavora nel campo digitale e fornisce consulenze, dati, progetti e strumenti poi utilizzati nei campi più vari, dai videogiochi alla meccanica per aut, anche a colossi del calibro di Google, Facebook, Microsoft, Getty Images e Walmart. Nel 2015 era poi nata anche LXMI, una linea di cosmetici di lusso, che impiega centinaia di donne povere lungo la valle del Nilo, in gran parte in Uganda, per raccogliere le noci Nilotica e trasformarle in un burro che viene esportato negli Stati Uniti per essere utilizzato nella produzione dei prodotti per la cura della pelle. In totale, nelle sue aziende hanno trovato una stabile occupazione circa undicimila persone.

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